21 Maggio 2018

Gentili Colleghe e Cari Colleghi,

nell’ambito di questa collaudata e gradita iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli…….

Oggi parliamo di………….

COEFFICIENTE ISTAT MESE DI APRILE 2018

E’ stato reso noto l’indice Istat ed il coefficiente per la rivalutazione del T.F.R. relativo al mese di Aprile 2018. Il coefficiente di rivalutazione T.F.R. Aprile 2018 è pari a 0,945104 e l’indice Istat è 101,7.

IL DATORE DI LAVORO E’ RESPONSABILE DELL’INFORTUNIO OCCORSO AL LAVORATORE A CAUSA DELLA CARENTE MANUTENZIONE DEI MACCHINARI.

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 18409 DEL 27 APRILE 2018.

La Corte di Cassazione, sentenza n° 18409 del 27 aprile 2018, ha nuovamente ribadito che il datore di lavoro è tenuto a curare la regolare manutenzione dei macchinari aziendali in modo da garantire la salute e la sicurezza dei propri dipendenti.

Nel caso di specie, un lavoratore addetto alla torrefazione restava infortunato a seguito della caduta verificatesi nel mentre lo stesso interveniva per sbloccare un sensore posto all’interno di un silos del reparto produzione. Dalle indagini effettuate a seguito del predetto evento lesivo emergeva che il malfunzionamento del sensore avveniva già da alcune settimane precedenti il giorno dell’infortunio.

I Giudici di merito, seppur in diversa misura, condannavano il datore di lavoro per non aver vigilato sull’operato dei propri dipendenti e non aver curato la corretta manutenzione degli impianti anche in assenza di una specifica segnalazione, da parte dei propri subordinati, inerente il malfunzionamento del sensore.

Il datore di lavoro ricorreva in Cassazione.

Orbene, gli Ermellini, nell'avallare in toto il decisum dei gradi di merito, hanno evidenziato che il datore di lavoro è obbligato a curare in modo costante e scrupoloso il regolare funzionamento dei propri macchinari a prescindere dalla (eventuale) omessa segnalazione dei malfunzionamenti da parte dei propri dipendenti.

Pertanto, atteso che nel caso in disamina il datore di lavoro non aveva provveduto ad effettuare la manutenzione periodica necessaria per il corretto funzionamento dei macchinari del reparto torrefazione, i Giudici dell'Organo di nomofilachia hanno confermato la condanna del datore di lavoro per violazione delle norme poste a tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro.

 

IN TEMA DI ESTINZIONE DELLE OBBLIGAZIONI E' CONFIGURABILE LA COMPENSAZIONE SE I CREDITI ABBIANO ORIGINE DA UN UNICO RAPPORTO.

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 10132 DEL 26 APRILE 2018.

La Corte di Cassazione, sentenza n° 10132 del 26 aprile 2018, ha ribadito il principio di legittimità della compensazione cosiddetta atecnica o impropria allorquando i crediti siano originati da un unico rapporto.

Nella vicenda in esame, un datore di lavoro si era opposto al decreto ingiuntivo intimato per il pagamento a titolo di TFR a favore di un dipendente, licenziato in ordine ad un procedimento penale concernente episodi di corruzione, per il quale parte datoriale aveva subito gravi danni da comportamento illecito tenuto dal dipendente, per cui sosteneva di porre in compensazione, rispetto all'invocato TFR, le proprie pretese risarcitorie.

Il Giudice del lavoro di Milano accoglieva l'opposizione del datore di lavoro e revocava il decreto ingiuntivo. Non dello stesso avviso la Corte d'Appello di Milano che, riformando l'impugnata sentenza di I grado, osservava che, mentre il credito del lavoratore risultava certo, liquido ed esigibile, ciò non poteva dirsi riguardo alle pretese di parte datoriale con la conseguente impossibilità di una compensazione "atecnica". Peraltro, l'istituto della compensazione "atecnica" era applicabile soltanto nel caso di obbligazioni scaturenti da un unico negozio, escludendo tutte quelle non legate da un nesso di sinallagmaticità per le quali, ex adverso, sono applicabili criteri di compensazione tecnica o in senso proprio.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il datore di lavoro sostenendo la possibilità della compensazione in ordine alla regolazione contabile tra contrapposte pretese, indipendentemente dal nesso sinallagmatico.

Orbene, la Suprema Corte ha accolto il ricorso con rinvio alla Corte di merito in diversa composizione, ritenendo ammissibile, in tema di estinzione delle obbligazioni, dando seguito alla giurisprudenza di legittimità (Cfr. Cass. n°14688/2012), la cosiddetta compensazione "atecnica" allorché i crediti abbiano origine da un unico rapporto – la cui identità non è esclusa dal fatto che uno di essi abbia natura risarcitoria derivando  da inadempimento -, nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese (id: accertamento contabile) comporta l'accertamento del dare e avere, senza che sia necessaria la proposizione di un'apposita domanda riconvenzionale o di un'apposita eccezione di compensazione, che postulano invece, l'autonomia dei rapporti ai quali i crediti si riferiscono.

 

NIENTE IRAP SE IL PROFESSIONISTA SI AVVALE DI DUE COLLABORATORI PART-TIME

CORTE DI CASSAZIONE – SEZIONE TRIBUTARIA – SENTENZA N. 4851 DEL 1° MARZO 2018

La Corte di Cassazione – Sezione Tributaria -, sentenza n° 4851 del 1° marzo 2018, ha statuito che qualora un professionista si avvalga di due collaboratori part-time, non è obbligato al versamento dell’IRAP.

IL FATTO

Un professionista esercente attività di medico di base convenzionato col SSN, presentava all’Agenzia delle Entrate domanda diretta a ottenere il rimborso dell’IRAP versata per alcune annualità. Contro il silenzio rigetto il professionista presentava ricorso dinanzi alla giustizia tributaria, risultando vincitore in primo grado, e soccombente in secondo.

In particolare la C.T.R. accoglieva il ricorso dell’Agenzia delle Entrate riconoscendo la sussistenza dell’autonoma organizzazione in capo al medico causa l’elevato ammontare dei costi sopportati dal contribuente per lo svolgimento dell’attività e per la presenza di due lavoratori part time.

Orbene, i Giudici del Palazzaccio, richiamando precedenti sentenze di legittimità in materia, hanno ricordato che, riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente sia responsabile dell’organizzazione, impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività, oppure impieghi più di un collaboratore con mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.

Ciò premesso, gli Ermellini nel caso in specie hanno evidenziato come il valore assoluto dei compensi (Cass., n. 22705/2016) e dei costi, ed il loro reciproco rapporto percentuale, non costituiscono elementi utili per desumere il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione di un professionista, atteso che, da un lato, i compensi elevati possono essere sintomo del mero valore ponderale specifico dell’attività esercitata e, dall’altro, le spese consistenti possono derivare da costi strettamente afferenti all’aspetto personale (es. studio professionale, veicolo strumentale, etc.), rappresentando, così, un mero elemento passivo dell’attività professionale, non funzionale allo sviluppo della produttività e non correlato all’implementazione dell’aspetto organizzativo (Cass., n. 23557/2016; Cass., n. 23552/2016).

Per tutto quanto sopra, nell’accogliere il ricorso del professionista, i Giudici delle Leggi hanno cassato la sentenza d'appello ricordando che il Giudice di merito deve compiere un’indagine tesa a verificare la sussistenza dei requisiti di cui sopra, per cui nel caso de quo indagare sulle concrete modalità d’impiego delle due unità lavorative parte time, onde verificare se l’attività di collaborazione delle stesse potesse essere equiparata alla collaborazione di un’unità lavorativa a tempo pieno, e determinare così i presupposti per l’assoggettamento ad Irap del professionista.

 

LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DETERMINATO DALLA PERDITA DI UN APPALTO DI SERVIZI

CORTE DI CASSAZIONE –  SENTENZA N. 8973 DELL’11 APRILE 2018

La Corte di Cassazione, sentenza n° 8973 dell'11 aprile 2018, ha statuito che costituisce giustificato motivo di riduzione del personale la perdita dell'appalto di servizi ed è, quindi, ampiamente legittimo il conseguenziale licenziamento intimato al lavoratore.

Nel caso di specie, i Giudici di piazza Cavour hanno confermato quanto deciso dalla Corte d'Appello, che aveva rigettato le doglianze della lavoratrice nei confronti di una società cooperativa, volte a conseguire declaratoria di illegittimità del licenziamento e reintegra nel posto di lavoro con gli effetti risarcitori sanciti dall'art.18 L. n. 300/1970 nella versione di testo applicabile ratione temporis, deducendo infatti che:

  • la ricorrente era stata assunta con contratto part-time a tempo indeterminato dalla società Cooperativa, aggiudicataria dell'appalto per il servizio di pulizia presso il Comune;
  • la lavoratrice era stata successivamente licenziata all'esito della cessazione del contratto di appalto;
  • la tematica del licenziamento di personale conseguente alla cessazione di un appalto era da inquadrare nella categoria del giustificato motivo oggettivo, insindacabile dovendo reputarsi la scelta imprenditoriale di riduzione del personale;
  • il recesso della lavoratrice era da reputarsi legittimo, risultando indimostrata la possibilità di repechage.

Con la sentenza de qua, gli Ermellini hanno accolto in toto le ragioni della società cooperativa, basandosi sul principio che al Giudice spetta il controllo della reale sussistenza del motivo addotto dall'imprenditore, restando "saldo il controllo sulla effettività e non pretestuosità della ragione concretamente addotta dall'imprenditore a giustificazione del recesso", e che deve sempre verificare il nesso causale tra l'accertata ragione inerente l'attività produttiva e l'organizzazione del lavoro come dichiarata dall'imprenditore e l'intimato licenziamento "in termini di riferibilità e di coerenza rispetto all'operata ristrutturazione".

In nuce, per la S.C.,  il descritto controllo sulla veridicità e sulla non pretestuosità  della ragione addotta dall'imprenditore a giustificazione del motivo oggettivo di licenziamento, demandato al Giudice del Merito nel caso de quo, è stato correttamente elaborato, il quale ha dato atto che la società, cui era stato riconosciuto il diritto di svolgere in appalto il servizio di pulizia per il Comune, subentrando alla precedente appaltatrice, aveva successivamente esaurito il rapporto con l'ente locale. Effettiva e non pretestuosa era, pertanto, a ritenersi la contrazione dell’attività produttiva e la conseguenziale esigenza di riduzione del personale.


E’ ISCRIVIBILE ALLA GESTIONE COMMERCIANTI IL SOCIO-AMMINISTRATORE CHE PARTECIPA PERSONALMENTE AL LAVORO AZIENDALE

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 10763 DEL 4 MAGGIO 2018.

La Corte di Cassazione, sentenza n° 10763 del 4 maggio 2018, ha statuito che per richiedere l’iscrizione del socio-amministratore alla gestione commercianti è necessario provare il concreto svolgimento di un’attività lavorativa.

Nel caso in commento, la Corte d’Appello di Palermo, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva il ricorso avverso la cartella esattoriale Inps, per un recupero di contributi dovuti alla Gestione Commercianti. La Corte, a sostegno della propria decisione riteneva che l’Istituto non poteva richiedere anche l’iscrizione alla gestione commercianti sul mero presupposto del ruolo formalmente rivestito dal socio. I Giudici basavano il loro convincimento sull’assenza di prove e di allegazioni da parte dell’Inps, mentre ex adverso dalle prove testimoniali raccolte emergeva che il socio svolgeva i soli i compiti di amministratore. 

Orbene, nel caso de quo, gli Ermellini, nel confermare il ragionamento logico giuridico dei Giudici di merito, hanno ricordato che l’obbligo di iscrizione alla gestione separata di cui all’art 2, comma 26 della Legge 335/1995 non opera alcuna unificazione della contribuzione sul principio di prevalenza previsto dalla Legge 662/1996 art. 1.

Inoltre, la doppia contribuzione si basa sul presupposto di una partecipazione personale al lavoro in modo abituale e prevalente. Tant’è che ai fini dell’iscrizione alla Gestione Commercianti i requisiti richiesti sono: di essere titolare o gestore in proprio di impresa, di avere piena responsabilità di impresa oneri compresi, di partecipazione personalmente con carattere di abitualità e prevalenza, di essere in possesso di licenze/autorizzazioni/iscrizioni ove richieste.

Quindi, l’attività del socio-amministratore per essere soggetta alla gestione commercianti, a prescindere dal ruolo di amministratore che opera su un diverso piano giuridico, impone una partecipazione concreta nelle attività lavorative aziendali che, nel caso in esame, non è risultato dimostrato dall’Inps.  

Ad maiora

IL PRESIDENTE
EDMONDO DURACCIO

(*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all’Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata.

Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!!

Ha redatto questo numero la Commissione Comunicazione Scientifica ed Istituzionale del CPO di Napoli composta da Francesco Capaccio, Pasquale Assisi, Giuseppe Cappiello, Pietro Di Nono e Fabio Triunfo.

   Ha collaborato alla redazione il Collega Francesco Pierro

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Modificato: 21 Maggio 2018