21 Dicembre 2017

CIRCOLARE MENSILE AI COLLEGHI –  SETTEMBRE 2017 – Prot. n° 2552/22

LE COLLABORAZIONI COORDINATE E CONTINUATIVE

Le collaborazioni coordinate e continuative di cui all’attuale contesto normativo sono essenzialmente il frutto di due interventi legislativi: quello del 2015 c.d. “Jobs Act” (decreto delegato 81, entrato in vigore il 25 giugno 2015) e quello più recente c.d. “Jobs Act degli Autonomi”, legge 81/2017.

§. Gli effetti del Jobs Act

Il primo intervento – decreto delegato 81/2015 – è l’attuazione della legge delega 183/2014 e che va sotto il nome di Jobs Act.
Cos’è cambiato, quindi, con il Jobs Act?
L’art. 52 del decreto legislativo 81/2015 ha abrogato la disciplina del “contratto a progetto” e delle “altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo” –fatta salva la reviviscenza per i contratti in atto alla data di entrata in vigore della novella e per le relative proroghe (benché concordate dopo il decreto 81/2015) – confermando quanto disposto dall’art. 409 del codice di procedura civile.
La predetta norma processuale, lungi dal dettare una disciplina di carattere sostanziale, attrae alla competenza funzionale del Giudice del lavoro quegli altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato.
Pertanto, l’area della c.d. “parasubordinazione” – post Jobs Act-, con la spoliazione del contratto a progetto, è composta unicamente dai rapporti ex art. 409 c.p.c.
Detti rapporti, stando al tenore letterale della richiamata norma, presentano la seguente conformazione morfologica:

  • debbono consistere (recte avere per oggetto) in una prestazione d’opera;
  • detta prestazione (d’opera) deve possedere i caratteri della continuità e del coordinamento

Con riferimento a tale ultimo requisito, il coordinamento, il recentissimo intervento legislativo, legge 81/2017, ha previsto – con un’interpretazione autentica- che la collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa.
Nel mentre, per continuità deve intendersi, richiamando le riflessioni della prassi e le statuizioni della giurisprudenza, che l’attività si ripete in un determinato arco temporale, quindi che non si articoli secondo richieste specifiche.
Tuttavia, l’intervento (parzialmente monco) del Legislatore delegato, con il decreto legislativo 81/2015, ha previsto –all’art. 2- che, a far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.
Trattasi di una disposizione con contenuto pragmatico che, anziché descrivere una fattispecie giuridica tipica, concentra l’attenzione sugli indici di connotazione dei rapporti implicati per evocare quelli che hanno una consistenza equivalente a quelli tipici del lavoro subordinato.
In sostanza, la norma richiamata introduce una tutela ulteriore in favore dei lavoratori parasubordinati che, trovandosi nella fattispecie declinata dalla normativa in questione, vedranno applicata nei loro confronti la disciplina del rapporto di lavoro subordinato.
La disposizione, in nuce, introduce una sorta di “applicazione (quasi) automatica”, un “alleggerimento degli oneri” in favore del prestatore che, per l’effetto, si vedrà riconosciute le tutele previste per i subordinati. Non si rende necessario procedere, per via giudiziaria o ispettiva, ad una preventiva riqualificazione del rapporto di lavoro. In particolare, detta garanzia opera in presenza (rigorosamente) congiunta dei seguenti indici fattuali:

  • prestazione di lavoro (non una prestazione d’opera);
  • resa in maniera esclusivamente personale (nell’art. 409 c.p.c. il riferimento è a prestazioni d’opera prevalentemente personali);
  • che sia continuativa
  • le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo.

Con riferimento a tale ultimo requisito, da cui è stata coniata l’espressione di “collaborazioni etero-organizzate”, deve ribadirsi quanto già emerso dalle riflessioni dottrinali in ordine al fatto che l’attività organizzativa costituisce un elemento strutturalmente intrinseco dell’attività di impresa che di per sé non ha valore qualificante. Ciò che rileva, nella fattispecie, è che deve trattarsi di un’incidenza rilevante e qualificata che si ripercuote finanche sulle condizioni temporali e spaziali della prestazione.
Sia ben chiaro, detta tutela è additiva rispetto a quella “ordinaria” per il riconoscimento della natura subordinata della prestazione. Non è necessario dimostrare l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia, magari anche ricorrendo, per le prestazioni elementari e ripetitive, all’assenza di rischio, alla continuità della prestazione, all’osservanza di un orario e alla forma della retribuzione.
La subordinazione, secondo ormai un costante acquis giurisprudenziale, viene configurata come soggezione del prestatore di lavoro al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, che discende dall’emanazione di ordini specifici, oltre che dall’esercizio di un’assidua attività di vigilanza e controllo sull’esecuzione della prestazione.
Nelle collaborazioni etero-organizzate sarà sufficiente, al prestatore ed al personale ispettivo, l’accertamento degli indici fattuali indicati (prestazione lavorativa esclusivamente personale, continuativa ed etero-organizzata “anche” quanto ai tempi ed al luogo) per applicare la disciplina (sostanziale e previdenziale) del rapporto di lavoro subordinato.
Si tralasciano, al riguardo, le pur interessantissime disquisizioni che hanno animato le riflessioni della dottrina sulla disposizione in esame: cioè se trattasi o meno di una allargamento del concetto di subordinazione di cui all’art. 2094 c.c., tra l’altro in un momento storico in cui proprio gli elementi caratterizzanti la etero-organizzazione (tempo e luogo della prestazione) sembrano aver perso la originaria pregnanza di qualificazione del lavoro dipendente (si pensi al lavoro agile) e tenuto conto del mutato contesto storico-produttivo (si pensi alla codatorialità, al contratto di rete).
Molto più pragmatico occuparsi del corrispettivo per i prestatori coordinati e continuativi che, per differenziarli da quelli “etero-organizzati”, potremmo definire “puri”.
Invero, con riferimento a tale specifico aspetto, deve – ante omnia– precisarsi che il decreto legislativo 81/2015 non attua una parte importante della delega conferita al Governo dal Parlamento, mediante la legge 183/2014.
In particolare, l’art. 1 comma 7 lettera g) facultava l’Esecutivo alla introduzione, eventualmente anche in via sperimentale, del compenso orario minimo, applicabile ai rapporti aventi ad oggetto una prestazione di lavoro subordinato, nonché, fino al loro superamento, ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, nei settori non regolati da contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, previa consultazione delle parti sociali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
La mancanza di tale previsione, in uno alla abrogazione dell’art. 63 del decreto legislativo 276/2003, lascia i collaboratori coordinati e continuativi – non quelli etero-organizzati (per i quali operano le tutele del lavoro subordinato) – sotto l’egida dell’art. 2225 c.c.
Detta disposizione, applicabile appunto ai contratti d’opera (art. 2222 c.c.) prevede che il corrispettivo se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe professionali o dagli usi, è stabilito dal giudice in relazione al risultato ottenuto e al lavoro normalmente necessario per ottenerlo.
Quindi, nelle collaborazioni coordinate e continuative ex art. 409 c.p.c., il corrispettivo convenuto dalle parti è il (solo) parametro di riferimento, dal momento che, nella pratica quotidiana, sarà difficile non riscontrare la presenza di un contratto in cui non sia fissata l’entità economica della prestazione.
Tuttavia, non solo la tutela economica ma anche quella afferente le dinamiche connesse al concreto svolgimento del rapporto sono state oggetto del secondo intervento in materia di collaboratori coordinatori e continuativi “puri”.

§. Il Jobs Act degli Autonomi

La prima riflessione in questione (tutela economica) deve tener presente dell’art. 3 comma 2 del Jobs Act autonomi, applicabile espressamente (art. 1 comma 1 della legge 81/2017) ai rapporti di cui all’art. 2222 c.c. Detta disposizione considera abusivo il rifiuto del committente di stipulare il contratto in forma scritta. Invero, anche da un punto di vista pratico, risulterà alquanto improbabile che il committente non abbia un interesse a stipulare, per iscritto, le condizioni economiche del rapporto d’opera.
Sembrerebbe, quindi, che nelle collaborazioni coordinate e continuative il corrispettivo pattuito nel relativo contratto sia il solo parametro economico applicabile.
Tale affermazione, tuttavia, per essere considerata assolutamente certa deve (recte dovrebbe) esserne acclarata la premessa: il piano di sostanziale parità delle parti contrattuali (committente e prestatore d’opera).
Ciò, però, trova una doppia confutazione: la prima rinvenibile nell’art. 2113 c.c. e la seconda nell’art. 3 comma 4 della legge 81/2017.
La norma codicistica, infatti, basandosi proprio sulla naturale “debolezza” (economica e quindi contrattuale) del prestatore di lavoro relativamente ai rapporti ex art. 409 c.p.c., ritiene non valide le rinunce e transazioni derivanti da disposizioni inderogabili della legge, del contratto o accordo collettivo.
La disposizione del Jobs Act autonomi applica ai rapporti in questione la disciplina in materia di abuso di dipendenza economica, prevista dall’art. 9 della legge 192/1998.
La questione, quindi, è tutta da verificare e ciò anche in relazione alla pattuizione contrattuale in materia di coordinamento, introdotta proprio dall’art. 15 della legge 81/2017.
In sostanza, il corrispettivo stabilito dalle parti sembra destinato ad essere messo in discussione proprio perché, di fatto, le parti –al momento della conclusione e stipula del contratto- non sono su un piano di assoluta parità.
Il Jobs Act degli Autonomi, inoltre, interviene anche sulle vicende che possono verificarsi durante il rapporto affermandone, fatto salvo il venir meno dell’interesse del committente, la stabilità del rapporto nelle ipotesi di ravidanza, malattia e infortunio. Nella maternità, con il consenso del committente, sarà possibile per la lavoratrice interessata scegliere la propria sostituta, anche eventualmente in regime di compresenza.
La tutela si estende anche alle invenzioni del lavoratore, secondo le previsioni di cui all’art. 4 della legge in commento.
Trattasi, mutatis mutandis, delle tutele già previste nel contratto a progetto e che, oggi, grazie alla legge 81/2017, assumono una portata di carattere generale per tutti i lavoratori autonomi rientranti nel titolo III del libro V del codice civile.

§. Il ruolo delle commissioni di certificazione dei contratti

Il comma 3 dell’art. 2 del decreto legislativo 81/2015 prevede che le parti possono richiedere alle commissioni di cui all’art. 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, la certificazione dell’assenza dei requisiti di cui al comma 1. Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro.
La disposizione in commento, posta in negativo (l’assenza dei requisiti che connotano la etero-organizzazione), ha una portata – stando al suo solo tenore letterale – decisamente riduttiva del ruolo delle commissioni di certificazione.
Non deve sfuggire, infatti, il ruolo di “consulenza ed assistenza alle parti” che l’art. 81 del d.lgs. 276/2003 espressamente attribuisce alla commissione.
Sarà, quindi, necessaria una valutazione complessiva del contratto che, in aggiunta agli elementi da valutare –secondo le Linee guida per la certificazione dei contratti del 22 aprile 2016 redatte dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro – dovrà tener conto delle previsioni di cui al Jobs Act dei lavoratori autonomi.

§. Deroghe alla etero-organizzazione

La etero-organizzazione e le sue conseguenze non trova applicazione, come espressamente stabilito dal comma 2 dell’art. 2, con riferimento:
a) alle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;
b) alle collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali;
c) alle attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
d) alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I., come individuati e disciplinati dall’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289
d-bis) alle collaborazioni prestate nell’ambito della produzione e della realizzazione di spettacoli da parte delle fondazioni di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367.
Le esclusioni de quibus, in (buona) parte richiamanti le esenzioni al progetto di cui al citato art. 61 del decreto Biagi, inducono ad una serie di riflessioni alla luce del noto principio della “indisponibilità della tipologia contrattuale” di cui alle sentenze della Corte costituzionale, n.ri 121/93 e 115/94.
Il Ministero del Lavoro, con la circolare 3/2016, richiamando la giurisprudenza costituzionale citata, ha precisato che, anche rispetto a tali esimenti rimane astrattamente ipotizzabile la qualificazione del rapporto in termini di subordinazione laddove si verifichi che la etero-organizzazione sia sconfinata in una vera e propria etero-direzione ai sensi dell’art. 2094 c.c.
La interpretazione ministeriale, certamente – in astratto – condivisibile, induce, proprio in virtù della posizione espressa dalla Giurisprudenza della Corte costituzionale, a delle riflessioni ulteriori sulla possibilità, per il legislatore, di prevedere ipotesi di esclusione dall’area della etero-organizzazione.
E’ certo che la nozione di lavoratore subordinato sia di fonte legale (art. 2094 c.c.) e che, parimenti, non esiste una definizione europea di lavoratore subordinato.
Il principio di indisponibilità del tipo ha una doppia valenza. La prima è quella di impedire l’esclusione delle tutele costituzionali di coloro che hanno i tratti caratteristici del lavoro subordinato (individuati dal legislatore con l’art. 2094 c.c.); la seconda, invece, in negativo, nel senso che non è possibile l’inclusione nelle tutele del lavoro subordinato di soggetti che non ne hanno le caratteristiche, evitando – di tal guisa – il c.d. fenomeno della “pansubordinazione”.
La portata dell’art. 2 comma 1, tuttavia, come già richiamato, non è quella di descrivere una fattispecie giuridica tipica, ma piuttosto quella di individuare degli indici di connotazione dei rapporti che hanno una consistenza equivalente al lavoro subordinato, così come lo stesso tenore letterale della norma, “si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato”, lascia intendere (si tratterebbe, in sostanza, della c.d. “norma di disciplina”).
Pertanto, come sostenuto da autorevole Dottrina, la norma contiene una disposizione di “normalizzazione” volta ad estendere la disciplina del rapporto di lavoro subordinato ad aree limitrofe frequentemente inquadrate nelle collaborazioni coordinate e continuative ancorché di fatto assimilabili al lavoro dipendente.
In breve, cioè, la norma (di disciplina) tenderebbe ad estendere la disciplina del lavoro subordinato a collaborazioni che sono autonome e, per l’effetto, le esclusioni di cui al comma 2 limiterebbero le ipotesi di lavoro autonomo alle quali estendere la disciplina del lavoro subordinato.
In ciò, quindi, sfumerebbe quel dibattito sulla possibile incostituzionalità della norma e/o delle deroghe in essa contenuta (art. 2, comma 2).

§. Pubbliche amministrazioni.

L’ultimo comma dell’art. 2 del decreto legislativo 81/2015 prevede che la disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione nei confronti delle pubbliche amministrazioni.
La preclusione trova chiaramente fondamento nell’art. 97, comma 4, della Costituzione, a mente del quale agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvi i casi stabiliti dalla legge.
La norma in questione prevedeva un divieto per le pubbliche amministrazioni di stipulare i contratti di collaborazione di cui al comma 1, inizialmente previsto con decorrenza dal 1° gennaio 2017 e poi dal 1° gennaio 2018.
Detto divieto, tuttavia, per effetto dell’art. 22 comma 9 lettera b) del decreto delegato 75 del 25 maggio 2017 è stato definitivamente soppresso.
Donde, le pubbliche amministrazioni potranno stipulare co.co.co etero-organizzate senza preoccuparsi delle conseguenze sanzionatorie evidenziate.

Ad maiora!!

    

                  Ordine Provinciale                                              Centro Studi

        Consulenti del Lavoro di Napoli                           “Raffaello Russo Spena”                                                     

            Il Presidente                                                 Il Coordinatore

F.to Dott. Edmondo Duraccio                          F.to Dott. Francesco Capaccio             

                                           

(*) DOCUMENTO INTERNO RISERVATO ESCLUSIVAMENTE AGLI ISCRITTI ALL’ORDINE DEI CONSULENTI DEL LAVORO DI NAPOLI. E’ FATTO DIVIETO, PERTANTO, DI RIPRODUZIONE ANCHE PARZIALE. DIRITTI RISERVATI AGLI AUTORI

ED/FC

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Modificato: 2 Agosto 2023