5 Ottobre 2020

Importante indagine della Fondazione Studi su come hanno reagito i settori produttivi nell’anno che va dal giugno 2019 al giugno 2020 con gli impatti sui livelli occupazionali per effetto della pandemia. Il focus della Fondazione Studi che ha per titolo “Gli effetti della crisi sull’occupazione: un primo bilancio settoriale” è stato divulgato il 3 ottobre scorso.  

 

La pandemia che ancora stiamo vivendo e che, anzi, sembra essere entrata nella c.d. seconda ondata con la declaratoria di “positivo al coronavirus” ha avuto una forte influenza nel periodo giugno 2019/giugno 2020 sia a livello di lavoro nei vari settori in cui si divide l’economia italiana che a quello di produttività con differenziazioni sul piano territoriale.

Se n’è occupato, a livello di indagine statistica, la Fondazione Studi del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro con un focus divulgato il 3 ottobre scorso dal titolo “Gli effetti della crisi sull’occupazione: un primo bilancio settoriale”.

Un anno di lavoro in Italia: come hanno reagito, dunque, i settori produttivi?

Tiene l’industria, male commercio e servizi alle imprese. Allarme turismo.

Questo, in sintesi, potrebbe essere l’occhiello di un articolo sulle risultanze dell’indagine statistica condotta dalla Fondazione Studi.

L’impatto della pandemia da Covid-19 sull’occupazione è, però, fortemente differenziato a livello settoriale, esponendo alcune attività produttive ad una crisi senza precedenti e altre a cercare di resistere aiutate anche dal blocco dei licenziamenti, che già a fine anno potrebbe portare a un saldo occupazionale ben diverso da quello di giugno.

Alla luce degli ultimi dati Istat sulle Forze Lavoro relativi al secondo semestre 2020, la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ha tracciato un quadro dei settori più colpiti dalla crisi occupazionale e di quelli che, invece, hanno tenuto meglio. Da questo “focus” emerge che, tra giugno 2019 e giugno 2020, è l’industria il settore che ha retto meglio, con un calo di soli 10 mila occupati.

In affanno, invece, il commercio all’ingrosso e al dettaglio (- 191mila unità) ed i servizi alle imprese (-103mila occupati), legati soprattutto alla chiusura di molte attività durante il lockdown e al ricorso allo smart working.

Ma la crisi più grave la paga il settore turistico con una perdita occupazionale di 246mila unità, di cui 158mila nei servizi di ristorazione e 88mila negli alloggi.

Tra giugno 2019 e giugno 2020 il mercato del lavoro italiano ha registrato un crollo di 841mila occupati (-3,6%) che risulta, almeno per il momento, tutto a carico dei servizi: con la perdita di 810mila occupati questa macro-area dell’economia nazionale ha contribuito alla quasi totalità delle fuoriuscite dal mercato del lavoro nell’ultimo anno (96,3% del totale). Guardando alla classifica settoriale, c’è chi scende e c’è chi sale: tra i settori dell’economia dei servizi in maggiore crisi ci sono, dopo i servizi ricettivi (-28,3%), le attività di ricerca, selezione e fornitura di personale (-18,6%); le attività domestiche (-16,7%), amministrative e di supporto alle imprese (-15,7%); noleggio e leasing (-15,2%); produzione cinematografica (-14,9%); ristorazione (-13%). Seguono le attività immobiliari, i servizi per edifici e paesaggio, pubblicità e ricerche di mercato, le telecomunicazioni, commercio al dettaglio e le attività legate all’industria dell’intrattenimento, con perdite occupazionali che oscillano tra il 5% e 10%.

Se la maggior parte delle realtà economiche si trova in condizioni di grande criticità o forte incertezza, ci sono settori che, in controtendenza con l’andamento generale, lo scorso mese di giugno hanno registrato un saldo occupazionale positivo rispetto allo stesso periodo del 2019.

Un esempio è il comparto costruzioni, cresciuto di 20mila occupati (+1,5%), soprattutto per il completamento di alcune opere o la ristrutturazione di alcune attività alla ripresa; a seguire i servizi legati alla fornitura di energia elettrica, che hanno segnato un balzo in avanti del 12,2%; i servizi di informazione (9,8%) e la ricerca scientifica (8,2%). Cresce anche la filiera legata alle tecnologie e al digitale, come riparazione di computer per casa e uso personale (+8,2%) e la fabbricazione di pc e prodotti dell’elettronica (8,2%), la programmazione e consulenza informativa (+3,9%): settori che hanno beneficiato dell’ampio ricorso alle tecnologie durante il lockdown. Anche i servizi personali – parrucchieri, estetisti, lavanderie – hanno registrato un piccolo balzo in avanti (+2,2%), così come la produzione di prodotti farmaceutici (+7,1%). Ma si tratta di tendenze di crescita che si erano consolidate già nei trimestri precedenti.

Le classifiche, così come i dati, divengono utili se letti in chiave propositiva”, ha dichiarato la Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone. “Se, cioè, ci aiutano a focalizzare dove indirizzare energie e investimenti. Per questo diviene importante saper sfruttare bene le risorse messe a disposizione dal Recovery Fund, mettendo a sistema le competenze di chi, per professione e formazione, conosce il mercato del lavoro e può contribuire al meglio alla realizzazione di progetti per il rilancio del Paese”, ha concluso la ns. Presidente.

Buon Lavoro

Ad maiora

IL PRESIDENTE
EDMONDO DURACCIO

 

(*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all’Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata. Redazione a cura della Commissione Comunicazione Istituzionale del CPO di Napoli.

ED/FC

 

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Modificato: 2 Agosto 2023