6 Febbraio 2020

La Fondazione Studi con il documento “Verso la Riforma previdenziale. Alcuni elementi di riflessione” evidenzia le criticità del mercato del lavoro e le azioni da mettere in campo per sostenere la crescita. Particolarmente colpiti i giovani. I dati che evidenziano l’aumento dell’occupazione dal 2008 al 2018 vanno letti anche alla luce di una comparazione con una forte flessione dell’orario di lavoro. L’allarme lanciato dalla Presidente Marina Calderone sui principali media e network.

 

La ns. Fondazione Studi del CNO ha redatto uno studio culminato nel documento “Verso la riforma previdenziale. Alcuni elementi di riflessione” nel quale analizza le criticità del mercato del lavoro, l’occupazione ed il futuro dei giovani anche sotto l’aspetto pensionistico, la mancata crescita demografica e la sostenibilità del sistema previdenziale dal momento in cui si dovesse verificare che i pensionati supereranno quelli in attività lavorativa.

Il documento della Fondazione Studi evidenzia come il nostro Paese, dal 2008 al 2018, abbia perso oltre 2 mld di ore lavorate con conseguenziali riflessi negativi sulle retribuzioni.

Ciò comporta un impatto negativo anche sugli importi delle pensioni future se sol si pensa che da 2036 il sistema di determinazione della prestazione previdenziale sarà completamente “contributivo”.

Da qui la necessità della ns. Fondazione Studi di analizzare bene, prima di gioire, l’incremento, dal 2008 al 2018, dell’occupazione di 125.000 unità (id: variazione positiva dello 0,5%rispetto ad un analogo periodo precedente) correlandolo, però, ad una diminuzione, nello stesso periodo, di oltre 2 miliardi di ore lavorate che, calcolate per ciascun occupato, portano il volume annuo medio in capo ad ogni lavoratore dalle 1.806 ore del 2008 alle 1.722 del 2018 (-4,6%). Una decrescita generalizzata per il nostro Paese destinata ad impattare sugli importi degli assegni pensionistici futuri degli italiani, sempre più calcolati su quanti contributi previdenziali realmente versati.

Non solo!!

Il documento della Fondazione Studi si sofferma, poi, sulle azioni da mettere in campo per sostenere la crescita, indispensabile anche per la sostenibilità del sistema previdenziale.

Particolarmente allarmante risulta il divario tra tendenze nazionali e internazionali per quanto attiene il lavoro giovanile dove l’Italia presenta un livello di occupazione dimezzato rispetto a quello dei giovani europei, dove la media di occupati sul totale della popolazione giovanile è del 35,3%.

A pesare poi è la strutturale presenza di lavoro irregolare che “sottrae” annualmente alla platea dei contribuenti il 15,5% dei lavoratori (dato al 2017).

E’ un danno duplice: per il sistema, che potrebbe migliorare performance in termini di sostenibilità, e per gli stessi lavoratori, il cui futuro risulta più a rischio di quello del sistema previdenziale. Nel corso del decennio preso in esame dalla Fondazione Studi, la stagnazione economica che ha caratterizzato l’Italia, dove il Pil non è ancora riuscito a recuperare i livelli pre-crisi, ha condizionato anche la dinamica della produttività e della disponibilità di reddito.

È evidente che questi aspetti già stanno avendo un impatto estremamente rilevante sui lavoratori-contribuenti di oggi, la cui pensione sarà calcolata in misura preponderante o esclusiva (a partire dal 2036) con il sistema contributivo, ponendo un forte interrogativo sull’adeguatezza del futuro assegno pensionistico che saranno in grado di garantirsi con i loro “accantonamenti”.

È quanto mai necessario, soprattutto fra le nuove generazioni, sensibilizzare i lavoratori italiani ad una adeguata gestione del TFR e, più in generale, all’investimento in previdenza complementare per garantirsi un reddito adeguato nella vecchiaia” ha commentato e ribadito la Presidente del Consiglio Nazionale, Marina Calderone, nel suo intervento presso i media ed i network più importanti che hanno voluto “comunicare” il documento della Fondazione Studi.

Si tratta – ha continuato – di una sfida in più per un sistema che dovrà nei prossimi anni necessariamente attivare tutta quella rete di infrastrutture e di servizi – banche dati, formazione, accompagnamento al lavoro, consulenza – necessaria a supportare l’occupabilità dei lavoratori lungo tutto l’arco della vita attiva e a coprire, con apposita e nuova strumentazione, i rischi derivanti dalle interruzioni dei percorsi lavorativi che saranno, presumibilmente, molto più frequenti e diffusi”.

Un lavoro di grande pregio che dimostra, se ve ne fosse ancora bisogno, che la nostra Categoria è sempre più il punto di riferimento dell’opinione pubblica per tutti i tempi che riguardano, direttamente od indirettamente, il lavoro.

E sono dati che, purtroppo, vengono sempre letti nella TV di Stato verso quell’unica direzione positiva vale a dire l’incremento degli occupati.

Nessuno parla, però, dei dati pre-crisi, della diminuzione delle ore lavorative e il loro impatto sulle retribuzioni, sulla prestazione previdenziale e sulla sostenibilità del sistema ovvero della mancata crescita demografica.

Noi ne parliamo, a dir poco ogni mese, anche riferendo questo dato negativo della crescita degli iscritti all’ENPACL (crescita zero dopo il boom del 2010 delle iscrizioni per non perdere il titolo abilitante) con ripercussioni sulla sostenibilità futura del nostro sistema previdenziale interno.

E ne parliamo anche per la crescita zero degli iscritti negli Ordini Professionali a nulla valendo, purtroppo, l’incremento di qualche decina (forse meno) di unità nei praticanti se, poi, ottenuta l’abilitazione, non si iscrivono ovvero si iscrivono in misura pari (a volte minore) a quelli che si cancellano.

Buon lavoro.

Ad maiora

IL PRESIDENTE
EDMONDO DURACCIO

 (*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all’Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata.

Redazione a cura della Commissione Comunicazione Istituzionale del CPO di Napoli.

ED/FC

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Modificato: 3 Agosto 2023