21 Gennaio 2019

Gentili Colleghe e Cari Colleghi,

nell’ambito di questa collaudata e gradita iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli…….

Oggi parliamo di………….

COEFFICIENTE ISTAT MESE DI DICEMBRE 2018

E’ stato reso noto l’indice Istat ed il coefficiente per la rivalutazione del T.F.R. relativo al mese di Dicembre 2018. Il coefficiente di rivalutazione T.F.R. Dicembre 2018 è pari a 2,241840 e l’indice Istat è 102,10.

 

SALVO DIVERSA PATTUIZIONE FRA LE PARTI IL SUPERMINIMO PUO’ ESSERE ASSORBITO ANCHE NEL CASO DI DIFFERENZE RETRIBUTIVE PER ERRATO INQUADRAMENTO.

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 17 DEL 3 GENNAIO 2019.

La Corte di Cassazione, sentenza n° 17 del 3 gennaio 2019, ha statuito che l’eventuale importo corrisposto a titolo di superminimo può essere “assorbito” dalle differenze retributive scaturenti dal contenzioso intentato dal lavoratore per vedersi riconoscere un livello di inquadramento superiore.

Nel caso in disamina, un dipendente adiva la Magistratura richiedendo differenze retributive per lavoro straordinario, ferie non godute, Tfr, mensilità aggiuntive e per ottenere il riconoscimento del 2° livello del CCNL commercio in luogo del 3° che gli era stato attribuito. L’azienda datrice di lavoro resisteva in giudizio sostenendo, fra l’altro, che le eventuali differenze retributive maturate dal prestatore dovessero trovare “compensazione” con il superminimo attribuito allo stesso.

Attesi i contrasti dei gradi di merito, il lavoratore ricorreva in Cassazione.

Orbene, gli Ermellini, nell’avallare in toto il decisum della Corte territoriale, hanno evidenziato che salvo il caso in cui nel contratto individuale sia espressamente previsto che il superminimo non possa essere assorbito, è possibile utilizzare lo stesso importo per “compensare” eventuali spettanze del prestatore anche se scaturenti da un diverso livello di inquadramento attribuibile al dipendente.

Pertanto, atteso che nel caso di specie il contratto di lavoro non prevedeva alcun limite all’assorbibilità del superminimo, i Giudici di Piazza Cavour hanno confermato la legittimità della richiesta datoriale di decurtare le somme che il dipendente aveva percepito sotto forma di superminimo da quanto dovuto per differenza retributiva correlata all’erroneo inquadramento contrattuale.


LE GIUSTIFICAZIONI IN FORMA SCRITTA RESE DAL LAVORATORE AVVERSO LA CONTESTAZIONE DISCIPLINARE RICEVUTA SONO TEMPESTIVE SE INOLTRATE NEL TERMINE DI 5 GIORNI.

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 32607 DEL 17 DICEMBRE 2018.

La Corte di Cassazione, sentenza n° 32607 del 17 dicembre 2018, ha confermato, nell'ambito del procedimento disciplinare ex art. 7 L. n°300/70, la legittimità delle giustificazioni inoltrate nel termine previsto di 5 giorni dal ricevimento della relativa contestazione datoriale.

Nel caso de quo, la Corte di Appello di Roma confermava la pronuncia del Giudice di prima istanza che aveva respinto l'opposizione proposta da una lavoratrice avverso l'ordinanza con la quale, all'esito della fase sommaria, aveva ritenuto non fondata l'impugnativa del licenziamento intimatole per assenza ingiustificata dal lavoro. La Corte distrettuale, a fondamento del decisum, negava la fondatezza della tesi accreditata dalla appellante circa la nullità della sanzione disciplinare per violazione della L. n. 300 del 1970, art. 7, e dell'art. 55 c.c.n.l. di settore posti a tutela del diritto di difesa della lavoratrice, le cui giustificazioni non erano state ritenute tempestive dalla datrice di lavoro in quanto pervenute oltre il termine concesso di 5 giorni dal ricevimento della relativa contestazione. 

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la lavoratrice evidenziando che, invero, le giustificazioni erano state inviate per raccomandata a.r. prima della scadenza del termine di cinque giorni, e che in ogni caso dette giustificazioni erano pervenute al datore di lavoro prima della adozione del provvedimento sanzionatorio espulsivo.

Orbene, la Suprema Corte ha accolto il ricorso riproducendo il tenore della L. n°300 del 1970, articolo 7, comma 5), ovvero: "i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi 5 giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa, nel corso dei quali il lavoratore può presentare le proprie giustificazioni".

La L. n°300 del 1970, art. 7, come la disposizione collettiva invocata, hanno rimarcato gli Ermellini, sono funzionali a consentire la piena rispondenza del giudizio disciplinare al principio del contraddittorio fra le parti, e, quindi, alla piena realizzazione del diritto di difesa dell'incolpato.

In siffatto contesto normativo di riferimento si colloca il principio, acquisito nella giurisprudenza della Suprema Corte, secondo cui la disposizione della L. n°300 del 1970, articolo 7, comma 2, deve essere interpretata nel senso che il lavoratore è libero di discolparsi nelle forme da lui prescelte – e, quindi, per iscritto o a voce, con l'assistenza o meno di un rappresentante sindacale (cfr. in motivazione Cass. 10/3/2010 n.5864, Cass. 25/1/2008 n.1661 e, da ultimo, Cass. 18/4/2018 n. 9596).

Quale corollario dei principi summenzionati e nell'ottica descritta, hanno concluso gli Ermellini, deve ritenersi non conforme a diritto la statuizione con la quale la Corte distrettuale, condividendo le argomentazioni adottate dal Giudice di prima istanza, ha considerato tardive le giustificazioni rese dal lavoratore benché fossero state spedite, mediante raccomandata a.r., entro il termine di cinque giorni dall'intervenuto ricevimento della lettera di contestazione di addebito da parte datoriale.

 

COMMETTE REATO DI ESERCIZIO ABUSIVO DELLA PROFESSIONE IL CONSULENTE DEL LAVORO CHE, NONOSTANTE IL PROVVEDIMENTO DI SOSPENSIONE ADOTTATO DAL CONSIGLIO DELL’ORDINE, CONTINUI A ESERCITARE LA PROPRIA ATTIVITÀ.

CORTE DI CASSAZIONE – SEZIONE PENALE – SENTENZA N. 56971 DEL 18 DICEMBRE 2018

La Corte di Cassazione – Sezione Penale -, sentenza n° 56971 del 18 dicembre 2018, ha statuito che commette reato di esercizio abusivo della professione il Consulente del Lavoro che, nonostante il provvedimento di sospensione adottato dal Consiglio dell’Ordine, continua a esercitare la propria attività utilizzando le proprie credenziali al fine di inviare le dichiarazioni telematiche dei lavoratori all'INPS.

Nel caso in specie, un Consulente del Lavoro era stato sottoposto a provvedimento disciplinare, consistente nella sospensione temporanea dall’esercizio della professione, dal proprio Ordine di appartenenza. Nonostante ciò il professionista ha continuato ad esercitare la professione compiendo tutti gli atti propri quali invio denunce telematiche all’Inps, Unilav, ecc. Da qui la denuncia all’autorità giudiziaria per esercizio abusivo della professione.

Il professionista, dopo la condanna nei giudizi di merito, ricorreva prontamente in Cassazione.

All’uopo si ricorda che, in base all’articolo 348 del Codice penale, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 10.000 a 50.000 euro chiunque abusivamente esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato. Inoltre la condanna per l’abusivo esercizio di una professione comporta la pubblicazione della sentenza e la confisca delle cose che sono servite a commettere il reato e, nel caso in cui il soggetto che ha commesso il reato eserciti regolarmente una professione o attività, la trasmissione della sentenza medesima al competente Ordine, albo o registro ai fini dell'applicazione dell'interdizione da uno a tre anni dalla professione o attività regolarmente esercitata.

Orbene, tutto ciò premesso gli Ermellini, con la sentenza de qua, hanno ritenuto che i Giudici di merito abbiano correttamente sostenuto la rilevanza penale della condotta del Consulente del Lavoro posto che, nonostante la sospensione adottata dal Consiglio provinciale dell’Ordine, il consulente abbia continuato:

üa occuparsi della redazione della busta paga dei dipendenti delle imprese clienti;

üha assistito le imprese in questione per l’attività istruttoria per la Cassa integrazione guadagni;

üha utilizzato le proprie credenziali per l’invio di dichiarazioni telematiche all’Inps, sottoscrivendo, in qualità di consulente del lavoro, il verbale redatto all’esito di una attività ispettiva in una delle imprese assistite;

üsi è occupato dei verbali redatti dall’Ispettorato del lavoro.

Pertanto, hanno concluso i Giudici di Piazza Cavour, “I Giudici di merito hanno fatto, quindi, corretta applicazione del principio secondo cui integra il reato di esercizio abusivo della professione l’attività di colui che curi la gestione dei servizi e degli adempimenti in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, occupandosi, in particolare, della compilazione della busta paga per conto di numerose aziende, in mancanza del titolo di Consulente del Lavoro e dell’iscrizione al relativo albo professionale (…). Si è chiarito, in particolare, come integri il reato previsto dall’art. 348 cod. pen. l’attività di colui che, non munito di abilitazione professionale, provveda, con autonomia decisionale, alla compilazione dei modelli per l’Inps e alla gestione dei rapporti lavorativi con i dipendenti di una ditta” (cfr. Cass. Sez. 6 pen. n. 6887/2007).

Per le motivazioni suddette il ricorso del Consulente è stato rigettato con anche condanna alle spese processuali nonché alla refusione delle spese legali sostenute dall’Ordine professionale di appartenenza.

 

L’INDAGINE SULLA FRODE FISCALE FA SCATTARE IL SEQUESTRO DIRETTO SUI CONTI DELL’AZIENDA.

CORTE DI CASSAZIONE – SEZIONE PENALE – SENTENZA N. 55368 DELL’11 DICEMBRE 2018

La Corte di Cassazione – Sezione Penale -, sentenza n° 55368 dell’11 dicembre 2018, ha statuito che l'indagine sulla frode fiscale fa scattare direttamente il sequestro sui conti dell'azienda ancorché commissariata e abbia chiesto l'ammissione al concordato preventivo, in quanto, la richiesta di ammissione alla procedura concorsuale e il controllo dell'organo terzo non sono garanzie ritenute sufficienti per l'Erario.

Con la sentenza de qua, i Giudici di Piazza Cavour hanno spiegato che il sequestro preventivo funzionale alla confisca, diretta e per equivalente, del profitto dei reati tributari, prevale sui diritti di credito vantati sul medesimo bene per effetto dell’ammissione al concordato preventivo, attesa l'obbligatorietà della misura ablatoria alla cui salvaguardia è finalizzato il sequestro, e, relativamente ai rapporti con l'Erario, la proposta di concordato non può comunque comportare la preclusione di adozione del sequestro, anche a volerla fare rientrare, attesa la sua natura, nella nozione di impegno al versamento all'Erario impiegata dall'art. 12-bis del D.lgs. n. 74/2000, relativa ai soli casi di obblighi assunti in maniera formale, tra i quali rientrano le ipotesi di accertamento con adesione, di conciliazione giudiziale, di transazione fiscale.

Inoltre, sulla questione del rischio di dispersione del patrimonio che giustifica la misura, i Giudici del Palazzaccio hanno spiegato perché il periculum in mora non sia escluso dalla richiesta di ammissione al concordato preventivo, che di per sé non è una misura idonea a spogliare il management dell'amministrazione della società, in grado, dunque, di realizzare, ad esempio attraverso prelevamenti di giacenze di conto corrente per esigenze estranee a quelle dell'impresa, altre condotte distrattive in danno dell'ente.

In nuce, gli Ermellini hanno anche sottolineato il perché della compatibilità del periculum in mora con la vigilanza del commissario giudiziale posto che, conservando comunque l'amministrazione dei beni e l'esercizio dell'impresa, sussiste in ogni caso il pericolo che il debitore possa, mediante atti di ordinaria amministrazione, spogliare la società dei suoi beni.

 

LEGITTIMO INTIMARE DUE LICENZIAMENTI AL MEDESIMO LAVORATORE SE SUPPORTATI DA MOTIVAZIONI DIFFERENTI.

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 79 DEL 4 GENNAIO 2019.

La Corte di Cassazione, sentenza n° 79 del 4 gennaio 2019, ha statuito che è possibile intimare al lavoratore un secondo licenziamento, purchè fondato su ragioni diverse ed autonome rispetto al primo.

Nel caso in commento, la Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma del Tribunale di Rieti, respingeva l’appello del lavoratore e parzialmente accoglieva quello di parte datoriale. Rigettava le domande del lavoratore volte ad ottenere la declaratoria di nullità o illegittimità del licenziamento per giusta causa, comminato in data 30/08/2011 da cui si era instaurato il giudizio.

La Corte riteneva valido anche il secondo provvedimento di licenziamento del 18/03/2014, nato per ragioni diverse sulla base delle verifiche disposte nel 2013 dal datore di lavoro e successivamente alla prima comunicazione di licenziamento del lavoratore. Tale secondo licenziamento non era da ritenersi tardivo stante la complessità della struttura aziendale.

In conseguenza a ciò, il lavoratore proponeva ricorso con 2 motivi e l’azienda resisteva con controricorso.

Orbene, nel caso de quo, gli Ermellini, a conferma del ragionamento logico giuridico della Corte d’Appello, hanno ricordato che il datore di lavoro, pur in presenza di una precedente comunicazione di licenziamento, può legittimamente intimare un secondo licenziamento fondato su ragioni autonome e distinte rispetto alle prime. In conseguenza a ciò, gli atti sono da ritenersi entrambi astrattamente idonei a raggiungere lo scopo, ossia la risoluzione del rapporto di lavoro.

In conclusione, il secondo licenziamento diviene produttivo solo nel caso in cui venga riconosciuto invalido o inefficace il primo. 

 Ad maiora

IL PRESIDENTE
EDMONDO DURACCIO

(*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all’Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata.

Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!!

Ha redatto questo numero la Commissione Comunicazione Scientifica ed Istituzionale del CPO di Napoli composta da Francesco Capaccio, Pasquale Assisi, Giuseppe Cappiello, Pietro Di Nono e Fabio Triunfo.

   Ha collaborato alla redazione il Collega Francesco Pierro

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Modificato: 21 Gennaio 2019