22 Marzo 2021

Gentili Colleghe e Cari Colleghi,
nell’ambito di questa collaudata e gradita iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli…….

Oggi parliamo di………….

COEFFICIENTE ISTAT MESE DI FEBBRAIO 2021

E’ stato reso noto l’indice Istat ed il coefficiente per la rivalutazione del T.F.R. relativo al mese di Febbraio 2021. Il coefficiente di rivalutazione T.F.R. Febbraio 2021 è pari a 0,763196 e l’indice Istat è 103,00

 

IL DIRITTO ALLE FERIE MATURA NEL PERIODO COMPRESO FRA LA DATA DEL LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO E QUELLA DELLA REINTEGRAZIONE.

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 6319 DELL’8 MARZO 2021

La Corte di Cassazione, sentenza n° 6319 dell’8 marzo 2021, ha statuito in favore del lavoratore, illegittimamente licenziato e destinatario di provvedimento di reintegrazione, il diritto alla maturazione delle ferie nel periodo compreso fra la data del licenziamento illegittimo e la data della reintegrazione del lavoratore nel suo impiego.

Nel caso in esame, dopo un doppio grado di merito, favorevole al datore di lavoro, la questione, approdata in Cassazione, rendeva necessario – ad opera della Corte nomofilattica – un rinvio alla Corte di Giustizia europea per la risoluzione della questione pregiudiziale con riferimento all’art. 7 par. 2 della direttiva 2003/88 e art. 31 punto 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

La Corte Europea ha precisato che, pur avendo le ferie una duplice finalità, ossia consentire al lavoratore, da un lato, di riposarsi rispetto alla esecuzione dei compiti attribuitigli in forza del suo contratto di lavoro e, dall’altro, di beneficiare di un periodo di distensione e di ricreazione, in talune situazioni specifiche, nelle quali il lavoratore non è in grado di adempiere alle proprie funzioni, il diritto alle ferie annuali retribuite non può essere subordinato da uno Stato membro all’obbligo di avere effettivamente lavorato (in senso conforme, sentenza 24.01.2012, Dominguez, C-282/10 EU:C:2012:33, punto 20).

Pertanto, nella fattispecie in esame, il periodo compreso fra la data del licenziamento illegittimo e la data della reintegrazione del lavoratore nel suo impiego deve essere assimilato ad un periodo di lavoro effettivo ai fini della determinazione dei diritti alle ferie annuali.

 

LA NOTIFICA DELLA CARTELLA DI PAGAMENTO, NON IL SUCCESSIVO TERMINE DI 60 GG. PER IL PAGAMENTO, INTERROMPE IL TERMINE DI PRESCRIZIONE QUINQUENNALE DEI CREDITI DEGLI ENTI PREVIDENZIALI ED ASSISTENZIALI.

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 6499 DEL 9 MARZO 2021

La Corte di Cassazione, sentenza n° 6499 del 9 marzo 2021, ha statuito che, in caso di notifica di una cartella di pagamento avente per oggetto contributi e premi assicurativi, il termine quinquennale di prescrizione decorre dalla data di notifica della stessa e non dal successivo termine di 60 giorni per il suo pagamento.

L’Agenzia delle Entrate – Riscossione appellava per la cassazione la sentenza della Corte distrettuale di Bari con la quale, confermando il decisum di primo grado, aveva affermato che la mancata opposizione della cartella di pagamento, ad opera di un contribuente, aveva sì prodotto la irretrattabilità del credito recato dalla cartella ma certamente non aveva prodotto la conversione del termine breve di 5 anni (SS.UU. 23397/2016), proprio dei crediti contributivi, in quello decennale.

In particolare, l’Agenzia riteneva che l’attività dell’agente per la riscossione fosse autonoma ed il relativo diritto ad agire in esecutivis, basato sul DPR 602/73, è decennale giusta previsione dell’art. 20 del D.lgs. 1129/99; inoltre, che il termine di prescrizione doveva essere individuato nella scadenza dei 60 giorni per il pagamento e non dalla notifica.

Ebbene, gli Ermellini, nel rigettare il ricorso, hanno affermato che l’art. 20 del D.lgs. 1129/99 si applica ai soli rapporti interni (ente impositore-agenzia di riscossione) e non certamente al contribuente.

Quanto, invece, al secondo motivo è stato precisato che il termine di prescrizione del credito presuppone che il diritto relativo possa essere esercitato (art. 2935 c.c.) e, muovendo dalla classica distinzione fra “diritto” ed “azione” le SS.UU. hanno sempre sottolineato che l’esercizio del diritto è un evento che si colloca nell’ambito del diritto sostanziale, con la conseguenza che ogni evento di ordine processuale, compreso l’agire a tutela di un diritto prima del decorso di un determinato termine, non ha influenza sulla decorrenza della prescrizione.

Pertanto, hanno concluso – anche mediante richiamo alla giurisprudenza di legittimità formatasi in materia di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile (SS.UU. 7194/92) richiesta Inail per infortunio (5894/81) e richiesta obbligatoria del tentativo di conciliazione (13046/2006), nonché al fatto che le cause di sospensione della prescrizione sono espressamente indicate negli art. 2941 e 2942 c.c. dove non si rinviene il termine dei 60 gg. in questione – che la notifica della cartella è un atto di esercizio del credito (3741/2017) e, in quanto tale, idrogenerà ad interrompere il decorso della prescrizione dal momento della notifica.

 

L'ISTITUTO DELLA TRASFERTA E' CARATTERIZZATO DALLA TEMPORANEITA' DELL'ASSEGNAZIONE DEL LAVORATORE AD UNA SEDE DIVERSA DA QUELLA ABITUALE.

CORTE DI CASSAZIONE – ORDINANZA N.4408 DEL 18 FEBBRAIO 2021.

La Corte di Cassazione, sentenza n° 4408 del 18 febbraio 2021, ha (ri)confermato che il diritto all'indennità di trasferta presuppone il temporaneo comando a prestare la propria attività in un luogo diverso da quello dell'abituale svolgimento della mansione.

Nel caso de quo, la Corte di Appello di Roma aveva respinto il gravame interposto da un lavoratore, nei confronti della S.p.A. datrice di lavoro, avverso la pronunzia del Tribunale della stessa sede con la quale erano state respinte le domande del lavoratore tra le quali, quella diretta ad ottenere il pagamento, a titolo di indennità, per le trasferte quotidiane dal luogo di residenza al luogo di lavoro.

In particolare, la Corte di merito aveva ravvisato che, indipendentemente dal luogo di residenza del lavoratore, non ricorrevano i presupposti per l'erogazione dell'indennità di trasferta, poiché il lavoratore aveva sempre prestato la propria attività presso l'aeroporto di Fiumicino in Roma.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il lavoratore eccependo che era costretto, giornalmente, a recarsi sul posto di lavoro, distante numerosi chilometri dal proprio luogo di residenza, maturando così il diritto a percepire un indennizzo per i continui viaggi abituali ai sensi dell'art.167 del CCNL Terziario.

Orbene, la Suprema Corte ha respinto il ricorso ritenendo infondati i motivi di doglianza. In particolare, gli Ermellini hanno ricordato i consolidati arresti giurisprudenziali della Suprema Corte (cfr., in particolare e tra le molte, Cass. nn. 12648/2019; 4837/2013; 24658/2008; 8136/2008) secondo cui il diritto all'indennità di trasferta presuppone che il lavoratore venga solo temporaneamente comandato a prestare la propria opera in un luogo diverso da quello in cui deve abitualmente eseguirla, essendo la nozione di "trasferta" caratterizzata dalla temporaneità del mutamento del luogo di esecuzione della prestazione, non rilevando né la sede aziendale, né la residenza del lavoratore e neppure l'esistenza di una dipendenza aziendale nel luogo di esecuzione della prestazione; ipotesi che, nella fattispecie, non si era concretizzata, in quanto, come riferito, il lavoratore aveva sempre prestato la propria opera presso l'aeroporto di Fiumicino.

 

SONO DEDUCIBILI I COSTI CHE, PUR SE DI RILEVANTE ENTITÀ, SONO INERENTI ALL’ATTIVITÀ, BENCHÉ L’INVESTIMENTO NON AVRA’ UN RITORNO

CORTE DI CASSAZIONE – ORDINANZA N. 6368 DELL’8 MARZO 2021

La Corte di Cassazione, ordinanza n° 6368 dell’8 marzo 2021, ha statuito che sono deducibili i costi, ancorché molti alti e che, probabilmente, non avranno un immediato ritorno di investimento, purché inerenti all’attività.

Con l’ordinanza de qua, i Giudici di piazza Cavour, hanno accolto il ricorso di una S.p.A. nel ramo dei pellami che aveva sponsorizzato vari rally, accogliendo in toto le doglianze della difesa della società contribuente, in materia di inerenza dei costi deducibili, tese a sostenere come deve rinvenirsi una correlazione del costo di cui si tratta non in relazione ai ricavi, bensì in relazione all'attività imprenditoriale nel suo complesso, avuto riguardo all'oggetto dell'impresa.

Per gli Ermellini, la ratio di tale impostazione deve ricercarsi nella nozione di reddito d'impresa e non nella correlazione tra costi e ricavi di cui all'art. 109, c. 5, del Tuir, escludendosi dal novero dei costi deducibili solo quelli che si collocano in una sfera estranea all'attività imprenditoriale. La diretta conseguenza di questa impostazione è, da un lato, che non assume rilevanza, in quanto tale, la congruità o l'utilità del costo rispetto ai ricavi, dovendosi dare un giudizio di inerenza di carattere qualitativo e non quantitativo, e dall'altro, che l'antieconomicità del costo rispetto al ricavo atteso, degrada a mero elemento sintomatico della carenza di inerenza.

In nuce, per la S.C., è quindi errata la sentenza dei Giudici di prime cure che avevano valutato la non inerenza solo sulla base della sproporzione del costo assunto rispetto al potenziale ritorno commerciale offerto dalle manifestazioni sponsorizzate, in quanto, l'ufficio avrebbe dovuto rilevare la non inerenza dal giudizio di non adeguatezza dei costi sostenuti rispetto al ritorno dell'investimento e non dal giudizio di estraneità rispetto all'attività di impresa.

 

RISARCIBILE IL DATORE DI LAVORO DANNEGGIATO DALLA CONDOTTA DEL LAVORATORE CONTRARIA AI PRINCIPI DI FEDELTÀ E DILIGENZA

CORTE DI CASSAZIONE – ORDINANZA N. 3543 DELL’11 FEBBRAIO 2021

La Corte di Cassazione, ordinanza n° 3543 dell’11 febbraio 2021, ha statuito la risarcibilità del datore di lavoro per violazione dei doveri di fedeltà e diligenza da parte del lavoratore.

Nel caso in oggetto, il datore di lavoro adiva il Tribunale proponendo domanda risarcitoria per la violazione dell’obbligo di preavviso da parte del lavoratore che, rassegnate le dimissioni, interrompeva improvvisamente il periodo di preavviso inizialmente lavorato con il rifiuto del passaggio di consegne al nuovo incaricato.

Secondo il datore di lavoro, tale comportamento era stato preordinato a porre in essere un’attività infedele di sottrazione dei clienti per favorire una società concorrente. Mentre il Tribunale aveva parzialmente accolto la domanda risarcitoria, la Corte d’Appello rigettava la domanda proposta dal datore di lavoro, ritenendo che la mera proposta di intraprendere rapporti di natura commerciale con il nuovo datore di lavoro non potesse essere configurata come condotta illecita extracontrattuale, se non accompagnata da altri comportamenti contrari alla correttezza professionale, tra cui la denigrazione e le condotte riconducibili a dumping contrattuale.

Il datore di lavoro ricorreva in Cassazione.  La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha affermato che il dovere di diligenza debba essere inteso come una delle declinazioni del principio di correttezza e buona fede reciproca tenuto dalle parti nell’esecuzione del contratto, che si esplica soprattutto nella tutela degli interessi della controparte, a prescindere da una specifica disciplina contrattuale in questo senso. Nel caso de quo,  la condotta tenuta dal lavoratore non solo si poneva in contrasto con il dovere di diligenza come sopra declinato, ma anche con il dovere di fedeltà sancito dall’art. 2105 c.c. ed inteso come impegno ad evitare comportamenti contrari agli interessi del datore di lavoro attraverso l’utilizzo delle conoscenze tecniche e commerciali acquisite durante l’esecuzione della prestazione lavorativa, giacché, secondo la ricostruzione dei fatti, i contatti dei clienti erano stati sottratti prima della risoluzione del rapporto di lavoro.

Sulla base delle motivazioni esposte, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e rinviato alla Corte d’Appello in diversa composizione.

Ad maiora

IL PRESIDENTE
EDMONDO DURACCIO

 

(*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all’Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata.

Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!!

 

Ha redatto questo numero la Commissione Comunicazione Scientifica ed Istituzionale del CPO di Napoli composta da Francesco Capaccio, Giusi Acampora, Pietro Di Nono, Fabio Triunfo e Michela Sequino

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Modificato: 22 Marzo 2021