23 Luglio 2018

Gentili Colleghe e Cari Colleghi,
nell’ambito di questa collaudata e gradita iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli…….

Oggi parliamo di………….

COEFFICIENTE ISTAT MESE DI GIUGNO 2018

E’ stato reso noto l’indice Istat ed il coefficiente per la rivalutazione del T.F.R. relativo al mese di Giugno 2018. Il coefficiente di rivalutazione T.F.R. Giugno 2018 è pari a 1,566024 e l’indice Istat è 102,20.


IL DATORE DI LAVORO DEVE ADOTTARE LE MISURE DI SICUREZZA ATTE A PRESERVARE L’INTEGRITA’ PSICO – FISICA DEL LAVORATORE ANCHE SE NON ESPRESSAMENTE PREVISTE DA NORME DI LEGGE.

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 17668 DEL 5 LUGLIO 2018.

La Corte di Cassazione, sentenza n° 17668 del 5 luglio 2018, ha (ri)affermato che il datore di lavoro deve sempre provvedere a garantire l’incolumità fisica e psichica del proprio dipendente adottando le necessarie misure consigliate (anche) dall’esperienza laddove le norme non contengano esplicite indicazioni sulle cautele da adottare.

Nel caso di specie, una lavoratrice di Poste Italiane Spa restava più volte infortunata a causa della prolungata movimentazione di carichi del peso di 30/40 kg cadauno. La dipendente adiva la Magistratura sostenendo che il datore di lavoro non aveva adottato le necessarie precauzioni per garantire la sua salute e la sua sicurezza nel luogo di lavoro.

Soccombente in entrambi i gradi di merito, seppur in diversa misura, Poste Italiane Spa ricorreva in Cassazione.

Orbene, gli Ermellini, nell’avallare in toto il decisum della Corte territoriale, hanno evidenziato che la mancata predisposizione di tutti i dispositivi di sicurezza, al fine di tutelare la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, viola l’art. 32 della Costituzione che garantisce il diritto alla salute come primario ed originario dell’individuo, nonché le disposizioni anti-infortunistiche e l’art. 2087 c.c. che, imponendo la tutela dell’integrità psico-fisica del lavoratore da parte del datore di lavoro, prevede un obbligo, da parte di quest’ultimo, che non si esaurisce nell’adozione e nel mantenimento perfettamente funzionale di misure di tipo igienico-sanitarie o antinfortunistico ma attiene anche e soprattutto alla predisposizione di misure atte, secondo le comuni, tecniche di sicurezza, a preservare i lavoratori dalla lesione di quella integrità nell’ambiente o in costanza di lavoro anche in relazione ad eventi, pur se allo stesso non collegati direttamente, ed alla probabilità di concretizzazione del  conseguente rischio.

Pertanto, atteso che nel caso in disamina il datore di lavoro non aveva fornito prova dell’adozione delle opportune misure atte a garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori, i Giudici dell'Organo di nomofilachia hanno rigettato il ricorso confermando la condanna di Poste Italiane Spa.

 

LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO SE IL DIPENDENTE DURANTE IL PERIODO DI MALATTIA SVOLGE ALTRA ATTIVITA' LAVORATIVA CHE RITARDI LA GUARIGIONE

CORTE DI CASSAZIONE –  SENTENZA N. 17514 DEL 4 LUGLIO 2018.

La Corte di Cassazione, sentenza n° 17514 del 4 luglio 2018, ha ribadito, in tema di licenziamento del dipendente che svolga attività lavorativa durante il periodo di assenza per malattia, la legittimità del provvedimento espulsivo se l'attività eseguita nel periodo di sospensione impedisca o ritardi la guarigione.

Nel caso de quo, la Corte d'Appello di Napoli aveva confermato la sentenza del Tribunale della stessa città dichiarando legittimo il licenziamento intimato ad un autista di pullman per il noleggio privato, per aver svolto altra attività di lavoro, nella specie quale addetto ad un parcheggio, nei lunghi periodi di assenza per malattia e per infortunio in itinere, per giunta senza l'adozione delle prescrizioni mediche (collare cervicale) e per numerose ore consecutive.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il lavoratore adducendo la scarsa gravità della condotta tenuta nonché l'inesistenza di prove circa il peggioramento del proprio stato di salute, in conseguenza della mancata attuazione delle prescrizioni mediche.

Orbene, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso ed ha ribadito l'assunto della Corte d'Appello la quale, mercé il copioso materiale probatorio e fotografico esibito dal datore di lavoro, aveva accertato che l'attività di gestione del parcheggio cui era addetto il lavoratore si era perpetrata per numerose ore consecutive, con regolarità quotidiana, con posture non riposanti ed incompatibili con la denunziata infermità, sicuramente idonee a ritardare e compromettere il recupero della forma fisica.

Pertanto, atteso che in tema di licenziamento per giusta causa spetta al Giudice di merito valutare la congruità della sanzione espulsiva tenendo conto degli aspetti concreti del fatto, considerati altresì tutti gli elementi oggettivi emersi, è stato ritenuto legittimo il provvedimento del licenziamento.

 

INUTILIZZABILI NELL’ACCERTAMENTO FISCALE I DATI ACQUISITI DURANTE UN’ISPEZIONE PRESSO I LOCALI ADIBITI PROMISCUAMENTE AD ABITAZIONE E A SEDE DELL’ATTIVITÀ SENZA LA PREVENTIVA AUTORIZZAZIONE DEL PROCURATORE DELLA REPUBBLICA

CORTE DI CASSAZIONE – SEZIONE TRIBUTARIA – SENTENZA N. 14701 DEL 6 GIUGNO 2018

La Corte di Cassazione – Sezione Tributaria -, sentenza n° 14701 del 6 giugno 2018, ha statuito che l’ispezione della Guardia di Finanza in locali adibiti promiscuamente ad abitazione e a sede dell’attività, senza la preventiva autorizzazione del Procuratore della Repubblica, non è legittima, anche se il contribuente ha consegnato spontaneamente la documentazione.

Nel caso in specie, la Guardia di Finanza, nel corso di un’ispezione tributaria, acquisiva documentazione presso i locali di un contribuente adibiti promiscuamente ad abitazione e a sede dell’attività. La suddetta documentazione veniva poi utilizzata da parte dell’Agenzia delle Entrate per emettere un avviso di accertamento fiscale che veniva prontamente impugnato dinanzi alla giustizia tributaria da parte del contribuente eccependo la nullità dell’atto impositivo per l’assenza dell’autorizzazione della Procura prescritta dall’articolo 52 del D.P.R. n. 633/72. L’Agenzia delle Entrate controdeduceva sostenendo la spontanea consegna della documentazione da parte del contribuente

In entrambi i giudizi di merito l’Amministrazione finanziaria risultava soccombente. Da qui il ricorso per Cassazione.

Orbene, i Giudici di Piazza Cavour, in premessa, hanno puntualizzato che non esiste nell'ordinamento tributario un principio generale di inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite, lo stesso valendo all'interno del nuovo codice di procedura penale, per cui "l'acquisizione irrituale di elementi rilevanti ai fini dell'accertamento fiscale non comporta la inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso" (cfr. Cass. n. 8344/2001; Cass. n. 13005/2001, n. 1343 e n. 1383 del 2002, n. 1543 e n. 10442 del 2003), tranne che non siano violate le disposizioni tributarie in materia di cui agli artt. 33 del D.P.R. 600/73 e 52 del D.P.R. 633/72, in merito alla necessità dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica per le ipotesi di accesso domiciliare nel corso di un’ispezione tributaria.

In particolare gli Ermellini, in merito all’inutilizzabilità, a sostegno dell'accertamento tributario, delle prove reperite nel corso della perquisizione illegale hanno chiarito quanto segue:

a) l’inutilizzabilità non abbisogna di un'espressa disposizione sanzionatoria, derivando dalla regola generale secondo cui l'assenza del presupposto di un procedimento amministrativo infirma tutti gli atti nei quali si articola;

b) il compito del Giudice di vagliare le prove offerte in causa è circoscritto a quelle di cui abbia preventivamente riscontrato la rituale assunzione;

c) l'acquisizione di un documento con violazione di legge non può rifluire a vantaggio del detentore, che sia l'autore di tale violazione, o ne sia comunque direttamente o indirettamente responsabile.

Per tutto quanto sopra, i Giudici delle Leggi hanno concluso affermando che i suddetti principi non possono essere derogati per effetto della consegna spontanea della documentazione da parte del contribuente. “La collaborazione di quest’ultimo, infatti, non può rendere legittimo un accesso operato al di fuori delle previsioni legislative e, comunque, l'eventuale consenso o dissenso del contribuente all’accesso, legittimo o illegittimo che sia, è del tutto privo di rilievo giuridico non essendo richiesto e/o preso in considerazione da nessuna norma di legge (Cass. n.19689 e n. 19690 del 2004).

In conclusione, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell'Agenzia delle Entrate, condannandola al pagamento delle spese del giudizio.

 

SOLTANTO IL CONTENUTO DELLA NOTA DI TRASCRIZIONE PUO’ ESSERE OPPOSTO AI TERZI.

CORTE DI CASSAZIONE –  ORDINANZA N. 17054 DEL 28 GIUGNO 2018

La Corte di Cassazione, ordinanza n° 17054 del 28 giugno 2018, ha statuito che è opponibile a terzi, estranei alla vicenda negoziale, esclusivamente quanto risultante dalla nota di trascrizione, in quanto se i contraenti hanno una conoscenza diretta del contenuto dell'atto, prescindendo così dal meccanismo della pubblicità, lo stesso non può sostenersi in relazione ai terzi estranei. Infatti, la corretta individuazione del contenuto della nota spetta a chi richieda la trascrizione e sia per ciò tenuto alla relativa redazione, e una volta che questa sia redatta e trascritta, il contenuto della pubblicità è solo quello che da questa si può desumere e chi se ne avvalga, non è gravato da nessun ulteriore onere di controllo.

Il caso di specie riguarda due fratelli che stipulavano fra loro un atto di compravendita di un immobile, che il notaio errava nell'indicazione dei mappali catastali e, solo successivamente, provvedeva alla rettifica, ma nel periodo antecedente a siffatta variazione, un creditore del venditore, che a causa dell'errore appariva essere il proprietario del bene, avviava una procedura esecutiva volta ad ottenere il relativo pignoramento, e pertanto si trovava così costretto ad attivarsi per impedire la prosecuzione dell'espropriazione. Il presunto danneggiato decideva così di agire in giudizio nei confronti del notaio, invocando la responsabilità professionale di quest'ultimo, al fine di ottenere il risarcimento dei danni cagionati.

I Giudici di Piazza Cavour, con l’ordinanza de qua, rifacendosi a precedenti pronunce (Cass. sentenza n.5002/2005; 18892/2009; 20144/2009), ribaltavano in toto quando deciso dai Giudici Territoriali, e ribadivano che il terzo, per individuare l'oggetto di un atto giuridico, deve fare esclusivo affidamento sul contenuto dell'atto con cui tale notizia viene resa nota nei registri immobiliari, e quindi la pubblicità svolge i propri effetti per il tramite della nota di trascrizione che corrisponde, infatti, ad una rappresentazione riassuntiva dell'atto da trascrivere. Per tali ragioni i terzi, non essendo coinvolti in un rapporto giuridico, non potranno desumere gli elementi necessari e indispensabili di detto rapporto dal semplice contratto di compravendita.

In nuce, per la S.C., considerando gli atti posti in essere da un punto di vista temporale, quali la nota di trascrizione della compravendita, il pignoramento e rettifica della predetta nota, in virtù del principio della priorità della trascrizione ex art. 2644 C.C., l'ammissibilità del pignoramento integra così il nesso causale sussistente tra l'errore del notaio ed i danni subiti dalla parte per evitare la prosecuzione del processo esecutivo con la conclusione che il professionista de quo ben potrà essere considerato quale responsabile.

 

IL PRINCIPIO DI IMMEDIATEZZA E’ RISPETTATO SE LA CONTESTAZIONE, ANCORCHE’ A DISTANZA DI ANNI DALL’ILLECITO, E’ EFFETTUATA NEL MOMENTO IN CUI IL DATORE HA PIENA CONOSCENZA DEI FATTI.

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 18172 DEL 10 LUGLIO 2018.

La Corte di Cassazione, sentenza n° 18172 del 10 luglio 2018, ha precisato che la contestazione disciplinare per fatti accaduti in un arco temporale esteso è legittima, ancorché avvenuta dopo diverso tempo dai fatti, se il datore di lavoro non possedeva gli elementi probanti l’illecito comportamento.

Nel caso in commento, la Corte d’Appello di Salerno, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava legittimo il licenziamento comminato nel 2013 ad un cassiere di banca per fatti accaduti negli anni 2008-2010. Nei fatti, in seguito all’apertura di un procedimento penale che aveva visto coinvolti anche dipendenti di una filiale della Banca, la stessa aveva subito avviato un procedimento interno dal quale era emerso il coinvolgimento effettivo di taluni dipendenti, a cui seguiva il provvedimento sospensione cautelare.  Dalla verifica interna, era emerso che nel corso degli anni 2008-2010 il dipendente con una cadenza precisa incassava  gli assegni ed effettuava un immediato prelievo per lo stesso importo di somme che sarebbero divenute disponibili solo in tempi successivi. Tale modus operandi veniva seguito anche a favore di clienti classificati in “sofferenza”. In altri casi ancora, erano emerse altre operazione che disattendevano le norme antiriciclaggio sempre a favore del medesimo gruppo di clienti.

Orbene, nel caso de quo, gli Ermellini, hanno confermato il ragionamento logico giuridico dei Giudici distrettuali, ricordando che il principio di immediatezza, ed in particolare il concetto di tempestività, va inteso in senso relativo risultando compatibile anche con intervalli di tempo lunghi quando concretamente la complessità della struttura lo richiede. Inoltre, l’immediatezza è sempre intesa dal momento in cui il datore di lavoro può disporre di elementi probatori atti a rilevare un fatto giuridicamente rilevante.

Ad maiora

IL PRESIDENTE
EDMONDO DURACCIO

(*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all’Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata.

Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!!

Ha redatto questo numero la Commissione Comunicazione Scientifica ed Istituzionale del CPO di Napoli composta da Francesco Capaccio, Pasquale Assisi, Giuseppe Cappiello, Pietro Di Nono e Fabio Triunfo.

   Ha collaborato alla redazione il Collega Francesco Pierro

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Modificato: 23 Luglio 2018