26 Aprile 2021

Importante indagine della Fondazione Studi sugli effetti dello “smart working” nel periodo pandemico e sull’indice di gradimento tra i lavoratori. Le ripercussioni di un nucleo familiare sulla riuscita di questa modalità di effettuare la prestazione lavorativa. Sarà presentata nel corso della XII Edizione del “Festival del Lavoro” in svolgimento, in webinar, il 28 e 29 aprile prossimi.

 

Lo smart working, specie quello svolto, per motivi di necessità, durante il periodo pandemico, è stato oggetto di un’accurata indagine della ns. Fondazione Studi che sarà presentata nel corso della XII Edizione del “Festival del Lavoro” che si svolgerà, in webinar, il 28 e 29 aprile prossimi in base al programma che vi abbiamo già esposto in un numero precedente della presente Rubrica.

Lo “smart working” (anche se nel caso di specie sarebbe più logico definirlo “home working”) è divenuto l’oggetto del contendere di giuslavoristi, opinionisti, consulenti del lavoro e, più in generale, dell’opinione pubblica.

E’ ammissibile un “lavoro al di fuori dell’ufficio”? Quale la produttività? Quali gli strumenti di controllo? Il lavoratore ha diritto alla disconnessione”? Il concetto di “orario di lavoro” nello smart working.

Ed ecco che la ns. Fondazione Studi si è immersa nell’istituto più amato e più odiato dall’opinione pubblica. Si pensi agli Uffici Pubblici vuoti o a disservizi della Pubblica Amministrazione. Quanto ha inciso lo smart- working?

Ma questa “strana” modalità di effettuare la prestazione è davvero amata dai lavoratori? Riesce a conciliare le esigenze di vita con quelle di lavoro?

Quanto influisce sulla “serenità” del lavoro la presenza di un nucleo familiare? E le attrezzature sono idonee, la privacy e la sicurezza dei dati sono salvaguardati?

Ecco, allora, qualche anticipazione!!

In primis, lo smart working divide gli italiani, condizionati dalle modalità con cui è stata vissuta l’esperienza durante il Covid- 19 e, soprattutto, dal contesto familiare e domestico in cui si è svolta (7,3 milioni ad aprile 2021). Il bilancio è positivo sul fronte dell’aumentata possibilità di conciliare i tempi di vita e di lavoro ma, insieme, emergono criticità che possono avere effetti anche sul clima aziendale e sulle relazioni di lavoro, fino ad arrivare alla disaffezione.

Questo è quanto emerge dal capitolo “Smart working, una rivoluzione nel lavoro degli italiani”, contenuto nel Rapporto “Gli italiani e il lavoro dopo la grande emergenza” che sarà presentato in occasione del Festival del Lavoro, organizzato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro e dalla sua Fondazione Studi il 28 e 29 aprile 2021.

Il 16,7% dei lavoratori intervistati guarda allo smart working come un punto di non ritorno della propria vita professionale; oltre il 10,7% cercherebbe un qualsiasi altro lavoro pur di svolgerlo da casa. Il 43,5% si adatterebbe al ritorno in ufficio, ma 4 su 10 sarebbero contenti di tornare a lavorare tutti i giorni in presenza. L’esperienza dell’ultimo anno è stata, infatti, vissuta in modo molto diverso da giovani e adulti, da lavoratori con figli e senza. In termini relazionali e di carriera gli uomini sembrano aver patito maggiormente il lavoro da casa (52,4% contro 45,7% delle donne), guadagnando però in produttività e concentrazione. Viceversa, le donne hanno sofferto l’allungamento dei tempi di lavoro (57% contro il 50,5% degli uomini) e l’inadeguatezza degli spazi casalinghi (42,1% contro 37,9%), evidenziando un maggior rischio di disaffezione verso il lavoro (44,3% rispetto al 37% dei colleghi).

Ma se lo smart working ha permesso 6 volte su 10 di conciliare meglio professione e vita privata, non è stato così per chi aveva maggiori carichi familiari.

In primis le coppie, il cui work-life balance è peggiorato per il 43% del campione.

Ma l’home working ha avuto anche ricadute pratiche, in termini di spesa e disturbi fisici legati a postazioni domestiche inadeguate.

Il 71,1% dichiara di aver diminuito le spese per spostamenti, vitto e vestiario, investendo in consumi legati al tempo libero nel 54,7% dei casi, ma il 48,3% paga il conto per l’utilizzo di sedie e scrivanie improvvisate e il 39,6% lamenta l’inadeguatezza degli spazi e delle infrastrutture, come i collegamenti di rete.

L’indagine, in sostanza, conferma, da una parte, un maggiore ricorso al lavoro agile tra i lavoratori più qualificati e le grandi aziende (terziario, servizi alle imprese, credito e assicurazioni) e, dall’altra, una resistenza legata ad una cultura organizzativa del lavoro orientata ancora su modelli tradizionali.

Al centro i lavoratori sotto i 35 anni, per i quali non si può più tornare indietro. «La varietà delle casistiche riportate all’interno del Rapporto – afferma Rosario De Luca, Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro – evidenzia la necessità di ripensare alla regolazione del lavoro subordinato, auspicabilmente lasciando alla contrattazione collettiva il compito di rintracciare le migliori soluzioni per contemperare le richieste di imprese e lavoratori. Sarà interessante confrontarsi anche su questo tema con il mondo della politica, delle imprese e delle parti sociali durante il Festival del Lavoro».

Buon lavoro

Ad maiora

IL PRESIDENTE
EDMONDO DURACCIO

 

(*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all’Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata. Redazione a cura della Commissione Comunicazione Istituzionale del CPO di Napoli.

ED/FC

Condividi:

Modificato: 2 Agosto 2023