5 Maggio 2020

Le motivazioni delle doglianze dei Consulenti del Lavoro sulle procedure di Cassa Integrazione di cui al Decreto “Cura Italia”. Astruse, irrazionali, incomprensibili. La burocrazia dell’informativa sindacale. Per un evento straordinario quale il Covid-19, influente sull’occupazione di oltre 7 mln di lavoratori, occorrevano provvedimenti snelli e semplici idonei a far pervenire nelle tasche dei lavoratori l’ammortizzatore sostitutivo della retribuzione in tempi simili a quello del termine della riscossione ordinaria della stessa. Poi, l’altra motivazione, dell’importo nelle tasche dei lavoratori sospesi, con una perdita media del 36% della retribuzione ordinaria. E’ quanto si apprende dall’indagine della Fondazione studi dal titolo “Cassa integrazione: quanto ci rimettono i lavoratori”.

 

Il ns. popolo dei Consulenti del Lavoro è paziente, umile, discreto. Si è ribellato, con modi urbani ed istituzionali, con il Governo reo di aver varato una misura ordinaria (CIGO, CIGD, FIS, FSBA) per fronteggiare una crisi occupazionale, derivante dai provvedimenti conservativi della salute anti COVID-19, dalle proporzioni non proprio da normale crisi d’impresa.

Una platea enorme di imprese e lavoratori interessata allo stop e, purtroppo, senza quella immediatezza nell’erogazione dell’ammortizzatore nonostante le improvvide dichiarazioni del Premier circa il 15 aprile.

Procedure ordinarie, destinatari diversi e adempimenti elefantiaci ed inutili quali le informative sindacali, consultazioni, esami congiunti e verbali di accordo dove abbiamo visto il tutto ed il contrario del tutto.

Illusione per i lavoratori (questo il vero dramma che abbiamo subito) nonostante le varie incongruenze di una CIGD affidata a 21 Regioni e province autonome con regolamentazioni, procedure telematiche differenti una dall’altra. Alla semplicità, ad esempio, del cliclavoro della Campania si contrapponevano, come riferito da colleghi sui “social”, astruserie ed algoritmi nella procedura della Lombardia.

Per non parlare crash frequente del sito INPS.

Sarebbe bastato che il Governo avesse richiesto all’INPS, attraverso l’identificativo C.S.C., il numero dei dipendenti interessati (rilevabili dagli UNIEMENS) e consentirsi una benevola valutazione delle dimensioni del problema da affrontare.

I vertici del CNO avevano proposto un ammortizzatore unico senza decurtazione della retribuzione, massimali e cose del genere.

Già, perché, oltre al problema del tempo occorrente per il pagamento diretto da parte dell’INPS ai lavoratori (la maggior parte non ha ricevuto ancora l’ammortizzatore di Marzo) c’è quello dell’importo erogabile al lavoratore.

Di questo, ai fini di quella “comunicazione “intelligente del CNO che ci ha fatto diventare il punto di riferimento dell’opinione pubblica in materia di lavoro, occupazione, legislazione sociale, si è occupato la ns. Fondazione Studi con una indagine dal titolo “Cassa integrazione: quanto ci rimettono i lavoratori”.

Per la ns. Fondazione Studi, circa 472 euro (36%) è la perdita media mensile in busta paga dei lavoratori italiani che beneficeranno di cassa integrazione, ordinaria e straordinaria, per l’emergenza Coronavirus. Una perdita che tende a salire più è alta la retribuzione del lavoratore interessato dal trattamento. Si va, dunque, da una decurtazione media del 25% per le professioni non qualificate ad una del 45% per professioni scientifiche e di elevata specializzazione. Questa indagine, su dati ISTAT, ha messo in luce come solo il 39% dei cassintegrati riceverà una decurtazione minima del 20%. Ma per tanti lavoratori la perdita sarà più alta: per il 22%, infatti, la riduzione del proprio stipendio netto sarà di fatto tra il 21% e 30%; per il 18% tra il 31% e il 40%; e per il 21% addirittura superiore al 40%. A farne le spese saranno soprattutto le professioni ad elevata specializzazione (764 euro in meno rispetto alla retribuzione netta di base); figure tecniche (646 euro in meno, pari a una riduzione del 41%); professioni esecutive nel lavoro d’ufficio (428 euro in meno, pari a una riduzione del 33%).

Stando ai dati contenuti nell’indagine, il quadro risulta molto differenziato anche da un punto di vista territoriale, rispecchiando le caratteristiche di una struttura occupazionale che varia nella geografia nazionale. Con un “taglio” medio della busta paga che va dal 37% al Nord (pari a circa 512 euro) al 36% del Centro (469 euro in meno), per arrivare poi al Sud dove la maggior concentrazione di lavoratori con profili professionali e retributivi medio-bassi porta ad un taglio pari al 33% (396 euro). L'analisi conferma la criticità dell'attuale situazione economica, in cui si trovano tanti lavoratori dipendenti.

Ovvero, stando agli ultimi dati Inps diffusi il 27 aprile 2020, sono circa 7,3 milioni i lavoratori beneficiari di ammortizzatori sociali (Cig e assegno ordinario) che, dopo aver atteso a lungo per avere il sostegno al reddito, finiranno per percepire un assegno di molto inferiore alla propria retribuzione netta. Si tratta di una decurtazione che interesserà tutti, anche quei redditi da lavoro già bassi, a cui saranno chiesti ulteriori sacrifici e che prevedibilmente non avranno neanche dei risparmi sufficienti per sopperire alle mancate entrate. A fronte di una spesa importante dello Stato (6,2 mld) per sostenere e supportare i tanti lavoratori italiani colpiti dall’emergenza economica conseguente a quella sanitaria, non va scordato che a questa platea di lavoratori verranno a mancare circa 3,5 miliardi al mese. Insomma, un volume molto importante di risorse.

Ed è giusto che queste cose si sappiano!!!

Buon Lavoro

Ad maiora

IL PRESIDENTE
EDMONDO DURACCIO

 

(*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all’Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata. Redazione a cura della Commissione Comunicazione Istituzionale del CPO di Napoli.

ED/FC

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Modificato: 3 Agosto 2023