19 Ottobre 2017

Continua l’impegno delle Libere Professioni ad una normativa che imponga l’erogazione di un “equo compenso”. Emesso dal C.U.P. e dalla R.P.T. un comunicato stampa congiunto in subiecta materia che riteniamo opportuno, per doverosa informativa, sottoporre alla vostra attenzione. Nelle more gli Architetti rientrano nel C.U.P.

 

Nelle ultime ore, ad onta del trambusto mediatico circa il contenuto della prossima legge di stabilità e del dibattito già in corso, sui social, tra colleghi circa le misure più giuste per dare impulso all’occupazione, c’è stata, con certezza, la notizia del rientro degli Architetti nel C.U.P. (Comitato Unitario Professioni). Questo ci fa molto piacere sia per l’unità delle professioni che per l’importanza di tale Ordine.

Chiaramente, oltre a pensare alle misure in programma nella legge di stabilità 2018, il C.U.P., presieduto da Marina Calderone, ha in mente essenzialmente l’esigenza del varo di una normativa sull’equo compenso.

Ciò, lo ribadiamo, anche a seguito di qualche “assurda” (ma lo diciamo in senso buono e riflessivo) pronuncia tra cui quella del Consiglio di Stato che ha giudicato legittimo un bando di gara in Calabria nel quale, per una figura professionale, era previsto il solo rimborso spese. Ve ne abbiamo parlato nel N. 60 della presente Rubrica donde l’auspicio  e la conseguenziale rituale e costante operatività del CNO e del C.U.P., di addivenire, al più presto ed entro la fine della legislatura, al varo della normativa sull’equo compenso.  

Ci sono due Disegni di Legge in materia di cui uno presentato dal Presidente della Commissione Lavoro del Senato ed ex Ministro del Lavoro Maurizio Sacconi.

Su tali proposte di legge vi sarebbe un parere negativo del Dipartimento delle Politiche Europee presso il Consiglio dei Ministri a cagione del problema di una reintroduzione fittizia di tariffe professionali già abolite per volere dell’U.E. e dell’Antitrust attraverso le “lenzuolate” di “bersaniana” memoria.

Sull’argomento dell’equo compenso vi rinviamo a quanto esposto, con mirabile eloquio e precisione, dal Prof. Giovanni Flick al Congresso di Napoli e, peraltro, ne ha parlato anche il Dott. Pennesi al Festival del Lavoro.

E’ indubbio che l’art. 36 della Costituzione si riferisca a tutti i lavoratori e non solo a quelli dipendenti come, del pari, un compenso minimo ed equo è sempre a vantaggio dell’utente in quanto tiene conto delle spese del professionista per rendere una prestazione qualitativamente valida.

Il C.U.P. e la Rete delle Professioni Tecniche (R.T.P.) hanno emanato, il 16 Ottobre scorso, questo comunicato stampa congiunto organizzando, per il prossimo 30 Novembre a Roma, una grande manifestazione.

“L’equo compenso per i professionisti non ha nulla a che vedere con la reintroduzione delle tariffe minime obbligatorie e, pertanto, non c’è alcun motivo per fermare l’iter legislativo avviato in Parlamento per colmare il vuoto creatosi a partire con le liberalizzazioni del 2006”. Il Comitato Unitario delle Professioni e la Rete delle Professioni Tecniche fanno quadrato intorno alle presunte criticità evidenziate dal Dipartimento delle Politiche Europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri. La nota del Dipartimento ritiene che il disegno di legge sull’equo compenso, su cui si sta concretizzando un’ampia convergenza politica, punti ad una surrettizia reintroduzione di tariffe minime obbligatorie, con conseguente necessità di previa notifica alla Commissione della proposta. “L’obbligo di comunicazione alla Commissione di misure del genere”, fanno sapere il CUP presieduto da Marina Calderone e la Rete presieduta da Armando Zambrano, “è previsto dalla Direttiva Bolkestein all’art. 15, co. 7 e i casi che richiedono la notifica sono indicati tassativamente; tra essi quello appunto delle “tariffe obbligatorie minime e/o massime che il prestatore deve rispettare (art. 15, par. 2, lett. g)”. Chiarito ciò, vale la pena ricordare che ad oggi la giurisprudenza europea non ha mai sancito l’incompatibilità con il diritto europeo primario e/o derivato di fonti interne che stabilissero tariffe vincolanti, purché siano appunto determinate dallo Stato e applicate dal Giudice come accadeva in Italia fino al 2006 (Corte Giustizia UE, caso Arduino, 2001), e siano adottate, in coerenza con il principio di proporzionalità, alla luce di motivi imperativi di interesse generale, quali la protezione dei consumatori e/o la corretta amministrazione della giustizia (Corte Giustizia UE caso Cipolla Macrino, 2006).

Tornando al disegno di legge all’esame del Parlamento, questo non prevede affatto tariffe minime obbligatorie ma, molto più semplicemente, una presunzione giuridica (quindi superabile) per cui i compensi inferiori a quelli fissati dai parametri ministeriali sono appunto iniqui. I parametri ministeriali sono, infatti, fonti statali e non atti delle professioni regolamentate, per cui è escluso che possano essere qualificati come intese restrittive della concorrenza. I parametri sono in ogni caso uno strumento diversissimo per ratio, struttura e cogenza (del tutto assente) dallo strumento tariffario, in Italia abrogato definitivamente dal Governo Monti con il Decreto legge Cresci Italia (n. 1/2012). Ne consegue che non sussiste affatto l’obbligo di previa notifica alla Commissione delle misure contenute nel ddl sull’equo compenso.

Cup e Rete annunciano la volontà di andare fino in fondo in quella che definiscono una “battaglia di civiltà giuridica”. Intanto, perché è l’art. 36 della Costituzione ad affermare che “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. E poi perché dopo l’ultima sentenza del Consiglio di Stato (n. 4614/2017), che legittima di fatto gli enti pubblici a promuovere bandi senza compenso per il professionista e con la sola previsione del rimborso spese, c’è il rischio che per lavorare con una pubblica amministrazione lo si debba fare necessariamente in modo gratuito, nonostante vengano garantite prestazioni professionali di qualità. È una condizione questa che toglie sicurezza, particolarmente ai giovani, rendendoli economicamente fragili. “Il ddl sull’equo compenso può e deve evitare questa deriva”, concludono Marina Calderone e Armando Zambrano, “per rispettare soprattutto la dignità del lavoro degli iscritti agli albi, che oggi contano su 2,3 milioni di soggetti”. L'appuntamento per i Consigli Nazionali aderenti al Cup e alla Rete, nonchè per le rappresentanze territoriali, è fissato per il 30 novembre a Roma, dove è stata organizzata una grande manifestazione a sostegno della dignità dei Professionisti Italiani”.

Va senza dire che siamo vicini al CNO in questa battaglia che effettivamente è di “civiltà giuridica” sulla quale abbiamo parlato a lungo nel corso del IX Congresso Nazionale di Categoria svoltosi a Napoli al Teatro Augusteo al termine della lectio magistralis del Prof. Flick, Presidente emerito della Corte Costituzionale in materia di art. 36 della Costituzione applicabile anche ai lavoratori autonomi.

Buon lavoro

Ad maiora

IL PRESIDENTE       
EDMONDO DURACCIO

(*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all’Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata.

Redazione a cura della Commissione Comunicazione Istituzionale del CPO di Napoli.

ED/FC

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Modificato: 3 Agosto 2023