12 Dicembre 2018

La Presidente Marina Calderone si rivolge al Ministro del Lavoro, On. le Luigi di Maio, per la nota vicenda del recupero delle agevolazioni nel caso di inadempienze ex art. 1, comma 1175 della legge 296/2006. Occorrono, effettivamente, flessibilità e buon senso oltre che ragionevolezza e gradualità nella determinazione delle sanzioni. I termini di adempimento, oggi fissati in 15 giorni, dovrebbero esser pari a 45 giorni.

 

Il 28 novembre scorso, come vi è noto, il ns. Presidente, Edmondo Duraccio, ha partecipato a Roma Eventi Piazza di Spagna, nell’ambito della convention di “Tutto Lavoro”, ad una interessante tavola rotonda su “contrattazione collettiva, rappresentanza e rappresentatività” con un paio di interventi che hanno scatenato l’applauso ed il plauso degli oltre 500 spettatori presenti. Ha fatto presente la necessità di “certezza del diritto” e, tutto sommato, l’infondatezza giuridica di una previsione, ex art. 1, comma 1175, della legge 296/2006 nel momento in cui subordina benefici ed agevolazioni normative e contributive all’erogazione di retribuzioni stabilite da CCNL stipulati da OO.SS. dei lavoratori e datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Il tutto, ha riferito il Presidente Duraccio, in dispregio non solo all’insegnamento sostanziale della Corte Costituzionale quanto in violazione dell’art. 39 della Costituzione (id: pluralismo sindacale) e della “certezza del diritto” in quanto nessuna legge ha mai stabilito quali fossero i criteri per individuare siffatte Organizzazioni per poi compararne la rappresentatività rispetto ad altre. Un’impresa titanica che ha lasciato il campo alle arzigogolazioni dell’INL ed alla rinascita del sempre vituperato “diritto circolatorio” cioè nascente dalle pagine della documentazione di prassi e non nelle aule del Parlamento. 

Per non parlare, in sede di DURC o quando se ne accorge un datore di lavoro non soggetto alla richiesta DURC, di altri inadempimenti, anche a volta formali ed incomprensibili, che rendono possibile il recupero di agevolazioni contributive fruite nel periodo di inadempienza.

E così, poniamo a fronte di pochi euro in un determinato periodo contributivo, l’INPS elimina migliaia di euro di benefici contributivi alla faccia della proporzionalità tra il dovuto e quanto ricevuto che pure costituisce un principio consolidato nel ns. ordinamento giuridico in materia di “benefici contributivi” (id: legge 389/1989).

Ed ecco che il ns. CNO, aderendo alle numerose segnalazioni dei CPO, ha preso una posizione ufficiale in subiecta materia. La Presidente del CNO, Marina Calderone, ha rivolto un’interessante istanza, specie dal punto di vista giuridico dissertando sull’interpretazione della norma e sul concetto di D.UR.C., al Ministro del Lavoro, On. le Luigi di Maio, con nota Prot. 0011785/U/MIN.LAVORO del 10/12/2018 che vi trascriviamo testualmente:

 

Signor Ministro,

mi preme sottoporre alla Sua attenzione il grave disagio subito in questo periodo dalle aziende

con dipendenti che hanno lecitamente usufruito nel tempo di agevolazioni contributive delle quali ora ne viene improvvisamente richiesta la restituzione. Tutto parte dalla farraginosa e , per molti versi, forzata gestione del Durc (Documento unico di regolarità contributiva).

L’art. 1 comma 1175 legge 296/2006 (finanziaria 2007) stabilisce che “a decorrere dal 1° luglio

2007, i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione

sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

Per la gestione della regolarità contributiva occorre fare riferimento a due decreti ministeriali, quello del 24.10.2007 e l'ultimo del 30.01.2015, che ha introdotto un profondo rinnovamento nella disciplina di riferimento, prevedendo che dal 1° luglio 2015 la verifica della regolarità contributiva avvenga, fatte salve alcune eccezioni, via web e in tempo reale (c.d. Durc online).

Recentemente l'INPS, con una serie di messaggi e circolari, ha automatizzato il processo di verifica mensile della regolarità contributiva, creando un meccanismo molto complesso e di difficile comprensione, soprattutto perché tali verifiche si estendono a periodi pregressi che possono interessare anche diversi anni.

L'automazione di tale processo, però, mal si concilia con i tempi molto stringenti che il legislatore mette a disposizione per la verifica delle presunte irregolarità denunciate dall'istituto.

Ai sensi dell'art. 4 del DM 30.01.2015, infatti, in caso di accertata irregolarità contributiva, l'ente

interessato deve inviare apposita diffida ad adempiere al contribuente, il quale avrà 15 giorni di tempo per regolarizzare la relativa posizione, pena la perdita della regolarità contributiva che comporta:

l'impossibilità di portare in deduzione le eventuali agevolazioni contributive, fino ad avvenuta regolarizzazione;

– la restituzione all'Inps delle predette agevolazioni godute per tutto il periodo in cui si sostanzia l'irregolarità (circolare Ministero del lavoro n. 34/2008).

Appare il caso di precisare che, una volta effettuata la regolarizzazione della posizione contributiva e ripristinate le condizioni per poter usufruire delle agevolazioni contributive, l'azienda non dovrebbe restituire quanto già conguagliato per lo stesso titolo, nel periodo pregresso.

Ciò perché la natura del DURC non è costitutiva del diritto a usufruire delle agevolazioni contributive; bensì è quella di autorizzazione amministrativa al godimento.

Ciò premesso, si segnala e si motiva il perché la procedura informatica adottata dall'Inps, sia incompatibile con il diritto di difesa del contribuente.

Come si accennava, le note dell'Istituto contengono una serie d'informazioni complesse, perché si spingono ai limiti della prescrizione quinquennale, che necessitano una disamina accurata e

che spesso richiede l'aiuto della sede competente per territorio.

L'Istituto ha precluso da tempo ogni contatto fisico e l'unico canale di comunicazione è quello

telematico.

La velocità di risposta delle sedi Inps non è adeguata alle necessità in questione; spesso non

sono in grado di fornire un'assistenza qualificata in quanto imputano la gestione dei calcoli alla sede centrale.

Peraltro, se il presunto debito è già stato trasferito al concessionario della riscossione e quindi si è in presenza del relativo ruolo, allora occorre interagire anche con tale ente.

Nel caso si debba richiedere una dilazione di pagamento, sia all'Inps che all'Agente della riscossione, occorre porre in essere altre procedure, sempre telematiche, che comportano ulteriori passaggi burocratici, la cui tempistica di risoluzione è assolutamente imponderabile.

Gli esempi potrebbero continuare all’infinito. Tutti mirano a spiegare concretamente come il termine assegnato (15 giorni) per procedere alla verifica e regolarizzazione delle partite sia assolutamente incongruo, rispetto alla mole di attività che occorre porre in essere sia per dimostrare l'infondatezza del credito dell'Istituto ovvero per determinare in concreto le modalità di pagamento del dovuto. Anche perché molte di queste attività non dipendono dall’iniziativa dell’imprenditore interessato dalla vicenda ma dai tempi di riscontro della Pubblica Amministrazione.

Infine, segnalo come il Ministero del Lavoro potrebbe, in via interpretativa, calmierare un'altra

ingiustizia che questo automatismo, produce.

Mi riferisco alla mancanza di proporzionalità tra irregolarità contributiva e restituzione dei

benefici contribuivi.

A fronte di pochi euro di debito, o anche per assenza di una denuncia che non ha comportato

alcuna scopertura contributiva, oggi si rischiano di perdere anni di benefici contributivi!

Si richiede, Signor Ministro, un urgente intervento sulla questione, onde evitare ulteriori ricadute negative sulle aziende che già versano in condizioni di difficoltà.

A tal fine mi permetto di sottoporLe tre semplici soluzioni da potersi adottare in via

amministrativa:

1) portare i termini di regolarizzazione da 15 a 45 giorni;

2) rivedere l'interpretazione della circolare del Ministero del Lavoro n. 34/08 e acclarare il principio che effettuata la regolarizzazione, le aziende non debbano restituire quanto conguagliato nei

periodi pregressi;

3) introdurre comunque un principio di proporzionalità tra debito contributivo e agevolazione

goduta sulla scorta di quanto previsto dall'art. 6, comma 10, della legge n. 338/1989.

Confidando in un esito favorevole della presente istanza, Le formulo i più cordiali saluti.

IL PRESIDENTE

(Dott.ssa Marina E. Calderone)

Ora non resta che attendere!!!!!

Buon lavoro.

Ad maiora

IL PRESIDENTE
EDMONDO DURACCIO

 (*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all’Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata.

Redazione a cura della Commissione Comunicazione Istituzionale del CPO di Napoli.

ED/FC

 

 

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Modificato: 3 Agosto 2023