14 Luglio 2020

Emergenza epidemiologica e smart-working. Interessante report della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro. Dal’1,2%, percentuale normale di lavoratori in smart-working, all’8,8% nei mesi di lockdown. Oggi si calcola che ci sia solo il 5,3% che continui la prestazione in modalità agile.
Non si placano, tuttavia, le critiche a tale modalità di prestazione, specie nel settore pubblico, anche a seguito delle dichiarazioni di Pietro Ichino che ha giudicato i lavoratori pubblici in smart-working in vacanza.

 

E’ noto che, durante la fase dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 l’imperativo, emergente da tutti i D.P.C.M. e conseguenziali dirette televisive a reti unificate, era quello di evitare assembramenti, limitare i trasferimenti e le vicinanze costituenti le principali fonti di contagio.

E così si è passati dagli avvisi e raccomandazioni ai divieti, alle restrizioni con tutte le cautele possibili quali il distanziamento, l’uso di igiene alle mani e delle mascherine.

Per quanto concerne le attività lavorative ritenute “primarie” (id: alimentari, farmaceutiche ecc.) l’invito a dar corso, laddove possibile, allo smart-working semplificato.

Migliaia di lavoratori, pubblici e privati, hanno così lavorato da remoto.

Non sta a noi giudicare i risultati anche se si è levata forte la critica di personaggi non di poco conto (es. il Prof. Ichino) che ha definito tali lavoratori, specie quelli pubblici, in vacanza.

Ma quanti ne erano? Quanti sono rientrati “in presenza”? Quanti ce ne sono ancora che lavorano da remoto?

Se n’è occupata la ns. Fondazione Studi con un interessante report dal titolo “Tempo di bilanci per lo smart-working. Tra rischio retrocessioni e potenzialità inespresse” realizzato su dati ISTAT.

Questo studio ha evidenziato che, superata la fase emergenziale, tra maggio e giugno, quasi il 40% del personale delle aziende con più di due addetti, occupato in modalità agile durante il lockdown, è tornato in sede.

E se nei mesi di emergenza piena (marzo-aprile) la percentuale di lavoratori che ha sperimentato l’home working si è attestata all’8,8% (a fronte dell’1,2% degli occupati in tale modalità nel pre-pandemia), nel bimestre maggio-giugno è scesa al 5,3%.

Questo, dunque, quel che resta, con il ritorno a regime della gran parte delle attività, del più rapido esperimento di lavoro da casa nel nostro Paese che ha interessato soprattutto le aziende del Nord-ovest e di grandi dimensioni, rispetto a quelle più piccole e con sedi operative nel Centro o Sud Italia.

In particolare, è nel settore dell’informazione e della comunicazione che si è registrato l’incremento più alto (28,2 lavoratori in smart working in più ogni 100 dipendenti): durante il blocco delle attività ha lavorato da casa la metà dei dipendenti (48,8%), mentre tra maggio e giugno la percentuale si è collocata al 33,2%. Meno estesa, ma sempre rilevante la crescita del lavoro agile in altri settori, come l’attività professionale, scientifica e tecnica (l’incidenza tra i dipendenti aumenta di 16 dipendenti in più ogni 100); il settore finanziario e assicurativo (+14,1); il settore delle public utilities (+13,9). È poi nelle aziende più grandi, con oltre 250 addetti, che lo smart working si è maggiormente consolidato, con una crescita di 20,2 dipendenti ogni 100 durante il lockdown.

Di contro, tra le piccole l’impatto è stato minore, con un aumento di 3,4 lavoratori tra le piccolissime (3-9 addetti) e di 5,7 tra le piccole (10-49 addetti). Passando al profilo dei lavoratori occupabili in modalità agile, secondo le elaborazioni della Fondazione Studi, che ha utilizzato una metodologia innovativa, sarebbero 3,8 milioni (pari al 21,1% del totale) i dipendenti di aziende private e organizzazioni pubbliche occupabili in modalità agile.

Si tratta di lavoratori per cui, con riferimento all’attività svolta e al contesto di lavoro in cui si è soliti lavorare, non è necessaria la presenza in sede. In cima alla graduatoria, per numerosità, vi sono gli impiegati addetti alla segreteria e agli affari generali (1,2 mln di lavoratori), seguiti, ma a notevole distanza, da tecnici dell’organizzazione e dell’amministrazione delle attività produttive (515 mila) e gli specialisti delle scienze gestionali e commerciali (399 mila).

Con riferimento al profilo dei lavoratori, invece, sono soprattutto le donne a risultare potenzialmente più occupabili secondo tale modalità (2,1 mln, pari al 25,8% sul totale delle occupate, contro un valore per gli uomini del 17,2%), lavoratori istruiti (si passa dal 10,2% dei diplomati al 35,7% dei laureati) e residenti nel Centro Italia (23,5%).

Guardando ai settori dove c’è maggiore possibilità di utilizzo del lavoro agile: servizi di informazione e comunicazione (81,7% dei dipendenti); finanziario assicurativo (76,1%) dei dipendenti. Per tutti gli altri, invece, l’estensione dello smart working interesserebbe meno della metà dei dipendenti. Nella pubblica amministrazione, difesa e assicurazione sociale sarebbero il 36,5% i lavoratori impiegabili secondo tale modalità.

Non c’è da sorprendersi se, con l’avvio della Fase 3, circa la metà dei lavoratori ha ripreso a lavorare in sede. Le aziende sono arrivate del tutto impreparate rispetto alla ‘sfida’ dell’home working. Una modalità di lavoro non del tutto radicata nel nostro Paese” ha spiegato il Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca. “Basti pensare che, in una fase d’emergenza come quella che abbiamo vissuto, molte aziende prima di ricorrere al lavoro agile hanno preferito utilizzare altri strumenti di gestione della forza lavoro come, ad esempio, le ferie. Dobbiamo però fare in modo che l’esperienza di questi mesi non vada persa rendendo il lavoro agile più funzionale anche per quanto riguarda la valutazione della prestazione lavorativa, la verifica dei risultati, la sicurezza sul luogo di lavoro”, ha infine concluso.

Anche noi, presso il CPO, per analoghe cautele abbiamo fatto ricorso all’home working.

Buon Lavoro
Ad maiora

IL PRESIDENTE
EDMONDO DURACCIO

 

(*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all’Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata. Redazione a cura della Commissione Comunicazione Istituzionale del CPO di Napoli.

ED/FC

 

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Modificato: 3 Agosto 2023